Operazione "Call me": dieci arresti contro la cosca La Rosa in Calabria

Operazione “Call me”: dieci arresti contro la cosca La Rosa in Calabria

Operazione “Call me” della Guardia di Finanza arresta dieci membri della cosca La Rosa a Vibo Valentia, rivelando l’uso di linguaggio codificato e telefoni cellulari per attività illecite.
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Operazione "Call me": dieci arresti contro la cosca La Rosa in Calabria - Gaeta.it

Il Nucleo di Polizia economica-finanziaria della Guardia di finanza di Vibo Valentia ha reso noti i dettagli di un’importante operazione che ha portato all’arresto di dieci persone legate alla cosca La Rosa, attiva nei comuni di Tropea e Ricadi. Questa operazione, coordinata dalla DDA di Catanzaro, è il risultato di un’accurata indagine che ha monitorato oltre 30mila telefonate, con alcuni soggetti che hanno effettuato anche 2000 chiamate settimanali. Le riunioni di coordinamento tra le forze dell’ordine hanno avuto luogo in un clima di forte preoccupazione per la capillare presenza della criminalità organizzata nella regione.

La cosca La Rosa e il rischio di infiltrazioni

L’indagine, denominata “Call me”, ha messo in evidenza il ruolo attivo della cosca La Rosa, la cui esistenza risale a decenni fa. La cosca è stata riconosciuta ufficialmente dal sistema giudiziario già nel 1990, con una sentenza di condanna passata in giudicato. Il procuratore Salvatore Maria Curcio ha espresso forti preoccupazioni sul fatto che la cosca operi in gran parte indisturbata, impartendo ordini e direttive per attività illecite, come estorsioni, anche da dietro le sbarre. Questo solleva interrogativi sulla reale efficacia delle misure di sicurezza nelle carceri italiane e sul rischio di infiltrazioni nel tessuto sociale locale.

Le modalità operative dei membri della cosca sono state immesse in luce anche attraverso le intercettazioni telefoniche, che hanno rivelato un linguaggio codificato usato per riferirsi a reati come le estorsioni. Termini inascoltabili come “polpette” e “arancine” sono stati utilizzati per mascherare comunicazioni relative a richieste di denaro, evidenziando la necessità di un intervento più efficace o di misure preventive che possano arginare il fenomeno.

L’allerta sui cellulari in carcere

Un altro aspetto allarmante emerso durante la conferenza stampa è stato l’uso di dispositivi di comunicazione all’interno delle carceri italiane. Il procuratore Curcio ha sottolineato che, nel 2022, sono stati sequestrati 1.084 telefoni cellulari nelle prigioni, e che il numero è aumentato rapidamente negli anni successivi, arrivando a 2.552 nel 2024. Questo fenomeno non solo facilita la comunicazione tra i detenuti e i membri della cosca all’esterno, ma mina anche la sicurezza pubblica.

L’uso di cellulari clandestini e altri dispositivi come tablet e smartphone ha reso assai complicato il lavoro delle forze dell’ordine, che trovano enormi difficoltà nel controllare le comunicazioni illecite provenienti dal carcere. Curcio ha evidenziato la necessità di adottare misure ispirate a quanto già realizzato in altri Paesi, come l’installazione di jammer in Francia o reti di monitoraggio negli Stati Uniti, per contrastare questo fenomeno in crescita.

Proposte e interventi per la sicurezza

Nel tentativo di fronteggiare la situazione, il procuratore ha indicato le soluzioni già adottate da altre nazioni, suggerendo l’opportunità di implementare sistemi di schermatura nelle prigioni italiane. Ad oggi, queste proposte non sono state attuate, e il dibattito su efficaci politiche di sicurezza nelle strutture carcerarie resta aperto.

Il comandante provinciale della Guardia di finanza di Vibo Valentia, Eugenio Bua, ha aggiunto un elemento significativo alla discussione: il ruolo attivo delle donne nella ‘ndrangheta. Secondo Bua, le donne della cosca avrebbero continuato a mantenere legami con il territorio, gestendo affari illeciti e controllando la situazione criminale, aspetto che rende ancora più complesso il tentativo di decapitare le gerarchie criminali.

Le forze dell’ordine continuano a monitorare la situazione, consapevoli che la lotta contro la criminalità organizzata non può fermarsi. Occorre un impegno collettivo e misure concrete per ripristinare la legalità e la sicurezza, mentre il legame tra mondo carcerario e criminalità rimane un tema scottante e di primaria importanza per il futuro della Calabria.

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