Un’importante operazione della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha portato alla luce una truffa ai danni dell’Agenzia delle Entrate, con risultati notevoli. Il bilancio finale dell’inchiesta ha visto l’assegnazione di tre arresti domiciliari, 151 indagati e un sequestro beni del valore di 718 mila euro. Queste azioni giuridiche fanno parte di una complessiva indagine coordinata dalla Procura di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giuseppe Lombardo, e hanno avuto luogo dopo un’approfondita attività investigativa che ha preso avvio nel 2019.
La nascita dell’inchiesta
L’operazione ha avuto inizio grazie a una segnalazione della Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate nel 2019. L’Agenzia ha manifestato preoccupazione per possibili irregolarità nelle richieste di rimborso Irpef, creando così il contesto per la successiva indagine. Da lì, il gruppo della Guardia di Finanza ha potuto avviare un’attività di monitoraggio e raccolta di prove, usando strumenti investigativi come intercettazioni telefoniche e ambientali, insieme ad esami approfonditi dei flussi finanziari.
Queste tecniche hanno rivelato la struttura di un’associazione illecita dedicata a ottenere rimborsi fiscali indebitamente. L’organizzazione, composta da diversi membri, si è dimostrata abile nel carpire le credenziali di accesso ai servizi informatici dei contribuenti, ledendo gravemente l’integrità del sistema fiscale.
Il modus operandi della truffa
Il modus operandi dell’organizzazione si è rivelato complesso e ben articolato. Gli indagati sono riusciti ad acquisire le informazioni necessarie per impersonare i contribuenti, sia tramite l’interazione diretta con alcuni di essi, sia approfittando del supporto di pubblici ufficiali infedeli, talvolta in pensione. Questo ha consentito agli individui coinvolti di intervenire nei sistemi delle informazioni fiscali, modificando le dichiarazioni e gestendo le pratiche di rimborso.
In questo contesto, gli arrestati hanno anche fatto uso di intermediari, reclutati tra amici, familiari o appartenenti a specifiche categorie professionali. Di particolare rilevanza sono stati i legami con alcune associazioni locali, come quelle di pescatori, che hanno giocato un ruolo cruciale nel favorire la truffa. I pubblici ufficiali infedeli, grazie alla loro posizione, avevano accesso diretti a informazioni sensibili e sono stati fondamentali per la riuscita del piano criminoso.
La reazione delle forze dell’ordine
Il gip ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare accogliendo la richiesta del procuratore Lombardo, il quale ha evidenziato la necessità di misure drastiche considerando la portata dell’operazione e i rischi connessi alla continuazione delle attività illecite. Oltre agli arresti, sono state predisposte perquisizioni e il sequestro di beni che sono stati ritenuti frutto delle attività fraudolente.
Le conseguenze di questa operazione hanno attirato l’attenzione non solo delle autorità fiscali, ma anche della criminalità organizzata. Infatti, dalle indagini emerge che questa truffa fiscale ha catturato l’attenzione di storiche cosche di ‘ndrangheta, in particolare di quella denominata “Pisano”, nota per avere una forte influenza nella Pinesa di Gioia Tauro. Le forze dell’ordine continuano a monitorare la situazione, cercando di prevenire ulteriori infiltrazioni della criminalità organizzata in questi ambiti.
L’operazione della Guardia di Finanza rappresenta un importante passo nella battaglia contro le frodi fiscali e la criminalità economica, dimostrando la determinazione delle autorità nel tutelare l’integrità delle istituzioni e del sistema tributario.