L’arcivescovo di Torino, Roberto Repole, riflette sull’impatto duraturo dell’enciclica “Ecclesiam Suam” di Paolo VI, pubblicata sessant’anni fa. In un’intervista, Repole sottolinea l’importanza del dialogo della Chiesa con la modernità, evidenziando l’attualità di temi come l’identità ecclesiale, la sinodalità e l’impegno per la pace.
La rilevanza storica di Ecclesiam Suam
L’enciclica “Ecclesiam Suam“, pubblicata nel 1964, si inserisce contestualmente al Concilio Vaticano II, un evento fondamentale per la Chiesa cattolica. Karl Rahner, teologo di spicco, definisce il Concilio come il “primo Concilio della Chiesa sulla Chiesa”, un periodo durante il quale Paolo VI decise di riformulare la missione della Chiesa nel contesto moderno. “Ecclesiam Suam” mette in luce l’autocoscienza della Chiesa, presentandola come mistero e parte integrante del disegno salvifico di Dio. La missione ecclesiale viene vista non solo come un dovere, ma come un’opportunità di interazioni genuine con la società odierna.
L’enciclica segna un approccio innovativo al dialogo, proponendo che la missione della Chiesa debba passare attraverso un’interazione costruttiva con il mondo moderno. Repole amplifica questa affermazione, evidenziando come l’invito al dialogo appaia come una novità assoluta rispetto a posizioni più rigide del passato. Questi principi sono già riflessi nelle Costituzioni Vaticane “Lumen gentium” e “Gaudium et spes“, dove la Chiesa è chiamata a confrontarsi in modo rinnovato con le sfide contemporanee.
Il Sinodo e la sua influenza sulla Chiesa
La riflessione sull’attuale Sinodo prende spunto dall’insegnamento di Paolo VI e dalla sua insistente valorizzazione della coscienza ecclesiale. Repole afferma che le esperienze sinodali hanno il potere di rivelare l’identità autentica della Chiesa, che è un mistero profondo radicato in Cristo. Il legame tra la Chiesa e il suo fondatore è cruciale: senza di esso, qualsiasi comprensione della Chiesa risulterebbe incompleta o distorta.
Risolvere ambiguità o conflitti interni richiede una vera fraternità in Cristo, superando divisioni superficiali che possono alimentare una visione frammentata. La sinodalità rappresenta un’opportunità per la comunità ecclesiale di rinnovare il proprio impegno, assumendo una postura di apertura e ascolto reciproco. Repole avverte che l’uso eccessivo della terminologia sinodale potrebbe, in alcuni contesti, deviare dalla sostanza della vera sinodalità, creando confusione tra le istanze ecclesiali.
Dialogo e identità nella Chiesa contemporanea
Secondo Repole, la distinzione tra identità ecclesiale e le tendenze odierne di riduzione dell’identità a conflitti è fondamentale. L’enciclica di Paolo VI esorta la Chiesa a trovare un equilibrio tra il dialogo e l’identità, tra apertura e chiarezza. L’identità cristiana non è in opposizione al mondo, ma si esprime attraverso una relazione profonda e dialogica con esso.
Adattarsi a una mentalità contemporanea che favorisce la separazione opposte può portare a una falsa comprensione di sé. La vera identità cristiana, infatti, nasce dall’incontro con Cristo e non dall’idealizzazione di posizioni contrapposte. La Chiesa, in quanto comunità, è chiamata a riflettere su come possa manifestare un’identità che sia di servizio per l’umanità, piuttosto che un’etichetta autoritaria.
Spiritualità e ricerca della trascendenza
La tendenza di alcuni a cercare forme di spiritualità al di fuori dell’esperienza ecclesiale riflette una crisi di connessione con il sacro. Secondo Repole, la vera ricerca della trascendenza deve passare attraverso l’incontro con il fratello, cioè la comunità. Ritenere che la Chiesa possa essere bypassata nella ricerca di un rapporto diretto con Dio crea una frattura nel disegno cristiano.
La realtà ecclesiale deve, quindi, ripensare come possa essere un’opportunità per esperienze spirituali significative, piuttosto che spazi privi di vita. Queste esperienze, di per sé, non escludono una ricchezza di formativa adeguata, ma piuttosto devono contribuire a far brillare la luce di Cristo all’interno della comunità credente.
La ricerca della pace e la responsabilità della Chiesa
Paolo VI, nella sua enciclica, mette in evidenza l’indispensabile impegno della Chiesa per la pace, colligando questa ricerca alla giustizia e alla riconciliazione. Repole evidenzia come le guerre e le violenze siano frutti di conflitti interiori e come l’aggancio alla spiritualità e alla conversione personale sia cruciale per una vera azione di pace. L’invito alla pace non deve essere interpretato solo in un contesto globale, ma deve riflettersi anche nelle dinamiche quotidiane delle relazioni umane.
L’obiettivo finale è quello di favorire una cultura della pace che sia condivisa e che trascenda qualsiasi divisione. Ciò implica anche una visione ecumenica, in cui la divisione tra le Chiese rappresenta un ostacolo all’unità umana e alla pacificazione del mondo. Repole conclude che le sfide ecumeniche sono essenziali per rispondere a una chiamata collettiva verso l’unità e la fraternità, riflettendo i messaggi universali contenuti nell’insegnamento di Paolo VI.