Nel cuore del santuario di Maria Ausiliatrice a Port Moresby, Papa Francesco ha avuto l’opportunità di ascoltare le testimonianze toccanti di diversi membri della comunità locale, tra cui una suora, un sacerdote e rappresentanti dei catechisti. Questi racconti si inseriscono in un contesto di sfide e di impegni volti a promuovere l’integrazione della fede cattolica con le identità culturali e le aspirazioni sociali della Papua Nuova Guinea.
La voce delle donne: testimonianze di guarigione e speranza
L’impegno di suor Lorena Jenal
A prendere la parola per prima è stata suor Lorena Jenal, una figura centrale nella diocesi di Mendi, dove gestisce la Casa della Speranza, un rifugio dedicato alle donne vittime di accuse infondate di stregoneria e malefici. Suor Lorena ha dimostrato l’importanza di un approccio collaborativo, coinvolgendo leader comunitari, familiari, rappresentanti di diverse confessioni religiose e funzionari del governo per mettere in atto strategie di protezione per queste donne vulnerabili.
L’attività di sostegno si è tradotta in un aiuto concreto per circa 250 donne, tra cui Maria, una giovane che nel 2017 ha subito gravi maltrattamenti. “La sua situazione era disperata, non sapevamo se saremmo riusciti a salvarla,” ha spiegato suor Lorena, rivelando i retroscena emozionanti del recupero di Maria. Pur isolata dalla sua famiglia per vergogna, il team ha lavorato incessantemente per sostenerla e, una volta rientrata a casa, Maria è diventata una paladina dei diritti umani, testimoniando il potere dell’amore e del perdono.
Una lotta per l’identità: l’esperienza di don Emmanuel Moku
Una vocazione tardiva colma di sfide
Don Emmanuel Moku, oggi 64enne, ha condiviso il suo percorso personale costellato di difficoltà e sfide. Ordinato sacerdote solo a 52 anni, ha iniziato il suo cammino da seminarista in un contesto di forte pressione culturale. “La mia scelta di seguire la chiamata al sacerdozio è stata vista come uno spreco di risorse,” ha ricordato don Emmanuel, che è riuscito a superare le barriere per coltivare la sua vocazione.
Nel suo intervento, il sacerdote ha evidenziato le tensioni tra la fede cristiana e la cultura locale, soprattutto quando si tratta di questioni come la famiglia e il matrimonio. “È cruciale trasmettere l’idea che il matrimonio non è solo un contratto, ma un rapporto profondo basato sulla compagnia e sull’educazione dei figli,” ha sottolineato. Don Emmanuel ha espresso il desiderio di sostenere i giovani nel loro percorso di crescita spirituale, in un contesto dove molte volte vengono trascurati.
Un cammino di fede: il servizio di James Etariva
Il lavoro di un catechista instancabile
James Etariva, un catechista di 68 anni, ha illustrato quanto sia significativo il suo servizio nel distretto di Goilala. “Il mio lavoro nei villaggi è fonte di gioia, avere l’opportunità di incoraggiare i bambini e creare legami di amicizia è ciò che mi motiva,” ha detto. Con una carriera avviata nel 1982, James ha affrontato molte difficoltà, dalla scarsità di risorse agli spostamenti che a volte avvengono a piedi per raggiungere le comunità più isolate.
La sua dedizione è esemplificativa di come il catechismo possa rappresentare un elemento fondamentale nel rafforzare la fede all’interno della comunità. Le sfide che ha affrontato non hanno mai scalfito il suo spirito, e la sua storia mette in luce l’importanza di una presenza costante nella vita delle persone, soprattutto dei più giovani.
Verso una sinodalità inclusiva: le riflessioni di Grace Wrakia
La partecipazione al Sinodo sulla sinodalità
Grace Wrakia, una laica di terza generazione e madre di tre figli, ha offerto una riflessione profonda sul suo coinvolgimento nel Sinodo sulla sinodalità. Celebrando questa esperienza come uno dei momenti più significativi della sua vita, si è interrogata su come incorporare le dinamiche sinodali nella cultura in rapida evoluzione della Papua Nuova Guinea.
Grace ha auspicato una maggiore inclusione delle donne nella vita ecclesiale e ha desiderato una Chiesa che abbracci i giovani, evitando che si sentano lasciati indietro. “Sogno una Chiesa dove ognuno sia parte attiva, non solo spettatori,” ha dichiarato, sottolineando che i sacerdoti devono essere visti come “leader servitori”. La sua visione potrebbe rappresentare un passo importante per la Chiesa, nella costruzione di una comunità davvero sinodale e inclusiva, riconoscendo le diversità e promuovendo un dialogo autentico.
L’incontro con Papa Francesco si è rivelato essere un’opportunità preziosa per riflettere sulle sfide e le speranze che caratterizzano la vita cattolica in Papua Nuova Guinea, rivelando al contempo l’importanza di un approccio sinodale che possa rispondere alle esigenze e alle aspirazioni di un popolo in evoluzione.
Ultimo aggiornamento il 7 Settembre 2024 da Laura Rossi