La Santa Sede continua a fare i conti con problemi finanziari e papa Francesco ha deciso di intervenire di nuovo sulle retribuzioni dei cardinali della Curia. La modifica riguarda sia la somma base mensile, già rivista in passato, sia alcune indennità legate agli incarichi ricoperti. Questi tagli arrivano in un contesto di bilancio in rosso per la Santa Sede, con un deficit che supera gli 80 milioni di euro. Il quadro finanziario e le regole diverse applicate ai porporati delle diocesi fanno emergere una situazione più complessa di quanto si possa immaginare.
Lo stipendio dei cardinali della curia e la riduzione progressiva
Per anni i cardinali della Curia romana hanno ricevuto uno stipendio di circa 5.500 euro al mese. A questa cifra si aggiungeva un alloggio messo a disposizione dal Vaticano, più un’automobile di servizio nelle situazioni in cui ricoprivano incarichi specifici all’interno di dicasteri o uffici vaticani. Papa Francesco già da tre anni aveva deciso di abbassare questa indennità a 5.000 euro mensili, un segnale chiaro della necessità di razionalizzare le spese nel bilancio vaticano.
Un ulteriore taglio simbolico
L’ulteriore riduzione appena annunciata di cento euro testimonia che la Curia sta affrontando una fase di revisione rigorosa delle risorse. Papa Francesco ha mantenuto per sé uno stipendio simbolico di 2.500 euro al mese, cifra identica a quella del suo predecessore. Questo denaro non finisce a uso personale, ma confluisce in un conto destinato alle attività caritative e ad altri progetti collegati alla Curia stessa. Il messaggio che ne esce fuori è quello di un’attenzione crescente verso la sobrietà negli uffici centrali della Chiesa.
Le differenze nelle retribuzioni dei cardinali delle diocesi rispetto a quelli di curia
Non tutti i cardinali vivono lo stesso tipo di regime economico. Infatti, chi guida una diocesi deve fare riferimento alle risorse di quella realtà territoriale e alla gestione del proprio bilancio locale. In questo caso, il compenso arriva dai fondi del singolo territorio e può oscillare anche in modo significativo, a seconda della solidità economica della diocesi che amministrano.
Il caso italiano e l’otto per mille
In Italia, ad esempio, il clero riceve sostegni economici derivati dall’otto per mille, una quota delle tasse destinata allo Stato e alle confessioni religiose. Questi fondi, utilizzati per il mantenimento dei sacerdoti, seguono regole stabilite dai nuovi accordi concordatari, che hanno sostituito le norme vecchie di decenni. Tra cardinali “residenziali” si riscontrano stipendi abbastanza simili a quelli dei colleghi di Curia, anche se la disparità tra diocesi ricche e più povere si fa sentire quando si scende nei dettagli. Quel che resta chiaro è che la gestione economica tra Curia e diocesi avviene su parametri differenti.
Il bilancio in rosso della santa sede e le misure per contenerlo
Il Vaticano ha accumulato un deficit di bilancio di 83 milioni di euro nell’ultimo anno, un valore considerevole che segue anche il buco di oltre 50 milioni riscontrato negli anni precedenti. Per reagire a questa situazione, papa Francesco lo scorso novembre ha ordinato la sospensione di alcune voci tra gli emolumenti mensili riconosciuti ai cardinali della Curia, come la gratifica per la Segreteria e l’indennità di ufficio. Con questa decisione ha voluto sottolineare la necessità di “un segno di concreta dimostrazione dello spirito di servizio ed essenzialità”.
Nuove strategie per il contenimento
A supporto del pontefice, il Prefetto della Segreteria per l’Economia, il manager laico Maximino Caballero Ledo, ha anticipato che altre misure sono state previste e potranno chiedere il contributo di tutti gli uffici. La sfida, almeno per ora, passa anche al nuovo successore nello staff finanziario, chiamato a proseguire con una revisione attenta delle spese. La continuità nelle politiche di contenimento è fondamentale, viste le cifre in gioco che impongono di tenere sempre sotto controllo le risorse della Santa Sede.