La questione dei luoghi di culto musulmani a mestre crea tensioni tra l’amministrazione comunale e la comunità bengalese locale. Un ex supermercato, usato come centro culturale e moschea, è stato chiuso dalla giustizia dopo numerosi ricorsi. La vicenda ha acceso polemiche sui social, con attacchi diretti al sindaco Luigi Brugnaro, coinvolgendo leader religiosi e politici. Questo articolo ricostruisce i fatti, il contesto sociale e le reazioni delle parti coinvolte.
Trasformazione del supermercato in moschea e chiusura forzata
L’edificio al centro della vicenda si trovava a mestre, in terraferma veneziana, ed era un ex supermercato. La struttura è stata trasformata in una sede di un’associazione culturale, utilizzata di fatto come moschea da alcuni membri della comunità bengalese residente in zona. Le autorità hanno sottoposto il locale a verifiche che hanno rilevato varie inadeguatezze strutturali e amministrative, non conformi alle normative vigenti per un luogo di culto.
Dopo controlli serrati e una serie di ricorsi presentati al Tar, la questione è arrivata fino al Consiglio di Stato. Quest’ultimo ha confermato la chiusura del centro, bloccando così l’attività religiosa che si era sviluppata in quei locali. Le decisioni della giustizia hanno suscitato reazioni contrastanti: da una parte chi ribadisce la necessità di rispettare le leggi su sicurezza e urbanistica, dall’altra chi vede nella chiusura un ostacolo per la pratica religiosa di una comunità già marginalizzata.
Social network, terreno di scontro
La vicenda ha trovato eco anche sui social, in particolare su Facebook. Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, è stato attaccato in modo diretto e duro, associato a immagini offensive che lo ritraggono come un maiale in giacca e cravatta. L’attacco non si limita solo al primo cittadino ma coinvolge in generale la classe politica locale.
A pubblicare i post critici sono stati il portavoce di una delle comunità bengalesi e un imam che da tempo si battono per l’apertura di luoghi di culto adeguati. Tra i protagonisti delle proteste spicca Abdullah Samrat, leader dell’associazione Ittihad, noto per aver espresso in passato critiche verso partiti politici come Lega, Fratelli d’Italia e anche verso le forze dell’ordine. Le discussioni su Facebook sono diventate quindi un luogo di confronto acceso, dove si intrecciano rivendicazioni culturali, religiose e politiche.
Posizione del comune di venezia e sviluppo della vicenda
Il Comune di Venezia, pur essendo al centro del dibattito, non ha preso una posizione ufficiale riguardo ai post offensivi contro il sindaco. L’amministrazione ha preferito segnalare l’accaduto alle autorità competenti, in particolare Prefetto e Questura, lasciando al loro giudizio le eventuali iniziative da intraprendere.
Nonostante la chiusura dell’ex supermercato, il Comune aveva manifestato disponibilità a cercare una nuova soluzione per garantire alla comunità musulmana spazi dove poter pregare. Al momento però i tempi per una sistemazione definitiva non sono chiari e la situazione resta delicata. Questo crea una tensione latente, che si riflette sia negli scontri sui social sia nella frustrazione dei gruppi coinvolti.
Un problema più ampio nel veneziano
Il caso di mestre non è isolato. Nel veneziano, come in altre aree italiane, la questione della presenza di moschee e spazi di preghiera per i musulmani si presenta con varie complicazioni. La multiculturalità porta spesso a divisioni etniche all’interno delle comunità religiose: gruppi diversi preferiscono avere un proprio luogo di culto, rifiutando di frequentare moschee gestite da altri etnici.
Questa frammentazione rende complicata la gestione degli spazi, creando un proliferare di piccoli centri culturali spesso non conformi a normative urbanistiche o di sicurezza. Amministrazioni locali si trovano a dover affrontare chiusure, ricorsi e proteste senza trovare soluzioni definitive. Questo problema si somma a una realtà sociale con crescenti richieste di integrazione religiosa e culturale.
La vicenda a mestre è quindi rappresentativa di una situazione più ampia, dove si scontrano necessità immobiliari, regole di pubblica sicurezza e esigenze di gruppi che desiderano praticare liberamente la propria fede. Le discussioni e le tensioni che ne scaturiscono restano tutt’ora aperte e senza una soluzione immediata nel veneziano.