Oggi a Napoli si è tenuta una manifestazione da parte dei precari della ricerca, in corrispondenza della visita della ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, al convegno su scuola e formazione organizzato alle Gallerie d’Italia. Questo incontro ha messo in luce le preoccupazioni di chi lavora nel settore accademico, un gruppo sempre più numeroso e in difficoltà, che ha voluto ribadire le proprie rivendicazioni e le gravi conseguenze dei recenti annunci governativi.
La protesta e le rivendicazioni
L’Assemblea Precaria Napoletana ha indetto un evento informale, definito “colazione precaria”, per denunciare la situazione attuale dell’istruzione e della ricerca in Italia. Con un caffè e cornetti in mano, i partecipanti hanno voluto sottolineare le presunte mistificazioni presenti nel disegno di legge in discussione, mettendo al primo posto la richiesta di maggiori finanziamenti per le università e una stabilizzazione del precariato. Gli organizzatori hanno precisato che il precariato è una realtà dilagante, con il 40% della forza lavoro universitaria attualmente rappresentata da contratti precari.
Secondo i portavoce del movimento, il governo prevede tagli ai finanziamenti universitari per un totale di circa 1.3 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Un calo di risorse così massiccio non solo metterebbe in serio pericolo la posizione di molti precari, ma avrebbe ripercussioni anche sul territorio partenopeo e sull’intero sistema universitario meridionale.
Rischi per il sistema universitario meridionale
Le dichiarazioni dei rappresentanti degli studenti e dei precari evidenziano come la situazione sia particolarmente grave nel sud Italia. I tagli previsti potrebbero portare a un indebolimento significativo delle università, con il rischio concreto di chiusura di alcuni atenei. Inoltre, si paventa una migrazione degli studenti verso istituti che, grazie a partnership con le imprese, potrebbero garantire maggiori opportunità di occupazione. Gli stessi manifestanti hanno accusato la ministra di non voler affrontare la realtà e di eludere il confronto con chi vive questa condizione.
Le preoccupazioni non si fermano qui: oltre al rischio di espulsioni, c’è il timore che i fondi vengano sempre più indirizzati verso nuove forme di istruzione, come le università telematiche, e verso progetti legati alla ricerca militare. Questo spostamento di risorse penalizzerebbe ulteriormente il panorama educativo tradizionale, ostacolando l’accesso alla formazione per studenti che già faticano a pianificare un futuro stabile.
Il punto di vista degli organizzatori
Durante la manifestazione, l’Assemblea Precaria ha condiviso quello che definiscono “il vero menù del giorno” del governo, evidenziando una particolare insoddisfazione nei confronti delle scelte politiche attuate. La protesta ha infatti voluto illustrare un sistema che, secondo i manifestanti, sembra privilegiare l’istruzione a distanza e la ricerca finalizzata a scopi bellici, a discapito di un’educazione di qualità e inclusiva nei territori meridionali.
In questa ottica, gli organizzatori hanno dichiarato che il governo di fatto deve circa 1.3 miliardi di euro ai precari della ricerca e del personale universitario. La manifestazione non è quindi stato solo un momento di convivialità, ma un modo per denunciare un piano che potrebbe compromettere l’intero sistema universitario pubblico e il lavoro di migliaia di persone nel settore.