Scoppia una controversia nel processo riguardante Guido Pozzolini Gobbi Rancilio, accusato di aver assassinato la madre Fiorenza, ereditiera di una famiglia di immobiliaristi, il 13 dicembre 2023. Durante l’udienza di oggi alla Corte d’Assise di Milano, gli esperti psichiatrici hanno fornito opinioni contrastanti sullo stato mentale dell’imputato al momento del misfatto. Mentre i consulenti di parte dell’accusa sostengono che Rancilio fosse incapace di intendere e volere, quelli della difesa argomentano il contrario, creando così una situazione intricata.
La consulenza dell’accusa e la condizione psichica di Guido Rancilio
La pm Ilaria Perinu ha messo in luce l’opinione dello psichiatra Raniero Rossetti, il quale ha attestato che Guido Rancilio soffre da tempo di “schizofrenia paranoide”. Durante l’audizione, Rossetti ha spiegato che questa condizione era diretta “contro i familiari e la madre”, affermando che il giovane nutriva sentimenti di odio verso di lei, al punto da desiderarne la morte. Secondo l’esperto, queste dinamiche psichiche avrebbero privato Rancilio della capacità di comprendere le proprie azioni durante il momento dell’omicidio.
La perizia di Rossetti rappresenta una parte cruciale del processo, poiché se i giudici dovessero accettare questo orientamento, l’imputato potrebbe essere riconosciuto non imputabile e dunque assente di responsabilità penale, proseguendo la sua detenzione in una REMS anziché in carcere.
Le argomentazioni della difesa in aula
Contrariamente al parere dell’accusa, la difesa di Guido Rancilio, rappresentata dall’avvocato Francesco Isolabella, ha presentato una propria consulenza per confutare le tesi avanzate dalla parte avversa. I professori Stefano Ferracuti e Giuseppe Sartori, chiamati a testimoniare, hanno sostenuto che l’imputato, subito dopo l’omicidio, mostrava segni di lucidità, come nel caso di aver tentato di “ripulire le macchie di sangue”. Inoltre, hanno evidenziato un comportamento premeditato, affermando che Rancilio avrebbe “volontariamente” assunto alcol prima dell’atto delittuoso, un elemento che metterebbe in discussione l’idea di una totale incapacità di intendere e volere.
Secondo questi esperti, sebbene l’intossicazione alcolica avesse ridotto la capacità di Rancilio di ragionare, questa non era completamente assente, ponendo così dubbi sull’impatto della malattia sulla sua volontà al momento del crimine. La posizione della difesa evidenzia una battaglia di esperti, con implicazioni significative per la determinazione della responsabilità penale di Guido Rancilio.
La decisione della Corte e l’attesa della perizia definitiva
Alla luce delle testimonianze e delle perizie presentate, la Corte d’Assise di Milano si trova ora nella posizione di dover valutare quale direzione prendere. La questione centrale è se riconoscere o meno l’incapacità di intendere e volere dell’imputato. È evidente che la decisione non riguarderà solo la sorte di Rancilio, ma avrà anche ripercussioni più ampie sulla giustizia in casi simili, dove si intersecano violenza, malattia mentale e responsabilità legale.
I giudici potrebbero richiedere una perizia psichiatrica aggiuntiva per approfondire ulteriormente gli aspetti clinici del caso, al fine di arrivare a una conclusione ben ponderata. Una sentenza chiara sarà attesa non solo dagli avvocati coinvolti, ma anche dalla società, che guarda con attenzione a come si affrontano situazioni così complesse e delicate nei tribunali.
Ultimo aggiornamento il 20 Gennaio 2025 da Laura Rossi