Un’importante vicenda giudiziaria si è conclusa oggi a Milano, dove il gup Roberto Crepaldi ha emesso le sentenze per l’omicidio di Jhonny Sulejmanovic, il giovane di origine bosniaca ucciso nel giugno dell’anno scorso. Le condanne inflitte mettono in evidenza la durezza dei crimini legati alle faide e alle vendette personale, un tema che continua a preoccupare le autorità locali.
Le condanne: dettagli e reati
Il tribunale ha disposto pene severe, condannando tre uomini a 18 anni di reclusione: Roberto Ahmetovic, di 33 anni, Jagovar Ahmetovic, di 38 anni, e Rubino Sulejmanovic, di 35 anni. Questi individui sono stati accusati di avere agito in gruppo per compiere l’omicidio. Inoltre, un quarto imputato ha ricevuto una pena di 10 anni di reclusione. Quest’ultimo avrebbe giocato un ruolo significativo, fungendo da autista per gli altri durante l’azione criminosa. Due ulteriori indagati sono attualmente irreperibili e risultano destinatari di un’ordinanza di arresto, tra cui colui che, secondo le accuse, ha premuto il grilletto.
Secondo le ricostruzioni fornite dalla Squadra Mobile di Milano e coordinate dal pubblico ministero Pasquale Addesso, il crimine è stato il culmine di una violenta faida. Gli aggressori avrebbero progettato un attacco ben orchestrato, arrivando sul luogo dell’agguato in un veicolo. Il loro obiettivo era chiaro: colpire Jhonny Sulejmanovic. L’azione si è concretizzata con l’assalto a un van in cui il giovane dormiva con la moglie. Gli aggressori hanno distrutto i finestrini con mazze di ferro e hanno sparato tre colpi di pistola, infliggendo una morte certa.
Il movente: una lite pre-esistente
Le indagini hanno rivelato che l’omicidio di Sulejmanovic non è stato un atto casuale, ma il risultato di una lite avvenuta poche ore prima del delitto. È stato evidente che l’episodio ha alimentato una spirale di vendette e conflitto. La Squadra Mobile ha lavorato duramente per ricostruire i momenti che hanno preceduto la tragica serata, evidenziando come le tensioni nell’ambiente sociale abbiano potuto sfociare in atti di violenza letale.
Le dichiarazioni raccolte e le prove inconfutabili hanno permesso di delineare un quadro preciso della situazione. L’omicidio di un giovane di 18 anni ha smosso le coscienze e portato alla luce problematiche relative alla sicurezza e alle dinamiche di conflitto in città. Il fatto che l’aggressione sia avvenuta in piena notte, colpendo direttamente un individuo in una situazione di vulnerabilità, ha suscitato preoccupazioni diffuse tra i residenti.
Questa vicenda giudiziaria rappresenta solo l’ultimo episodio di una triste serie di eventi che coinvolgono violenze e omicidi legati a contesti di litigiosità e faide personali, sollevando interrogativi su come la comunità possa affrontare tali problemi in modo efficace e proattivo.
Ultimo aggiornamento il 10 Gennaio 2025 da Elisabetta Cina