L’epilogo di un’inchiesta articolata avvenuta a Tropea segna un importante passo nella giustizia locale. Due uomini, Francesco e Salvatore Trecate, sono stati condannati per le gravi irregolarità emerse riguardo alle distruzioni di cadaveri nel cimitero comunale. La sentenza si è svolta presso il tribunale di Vibo Valentia e conferma l’esistenza di un sistema illecito di estumulazione. Il caso ha suscitato grande clamore non solo per le sue modalità , ma anche per il coinvolgimento di funzionari pubblici.
Le condanne degli imputati
Il tribunale ha accolto le richieste avanzate dal pubblico ministero, Concettina Iannazzo, che aveva chiesto una pena di 5 anni e 6 mesi per entrambi gli imputati. Francesco Trecate, ex custode del cimitero e dipendente comunale, ha ricevuto una condanna a 5 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il figlio Salvatore, invece, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi, con interdizione per 5 anni. La parte civile, rappresentata dall’avvocato Michele Accorinti, ha visto rigettata la richiesta di provvisionale. I Trecate saranno inoltre soggetti al pagamento delle spese legali e dovranno risarcire il danno, la cui quantificazione avverrà in una sede separata. È interessante notare che Francesco Trecate aveva precedentemente ricevuto onorificenze dal Comune di Tropea.
Un sistema illecito di estumulazione
L’inchiesta si è originata da una precedente indagine, rivelando un’operazione illecita che coinvolgeva l’estumulazione di cadaveri, prevalentemente di persone senza legami familiari nelle vicinanze. Gli investigatori hanno tracciato l’inizio delle condotte illecite risalenti a luglio 2019. Un elemento chiave che ha permesso di far luce sulla questione è stata l’installazione di una telecamera, avvenuta nell’ottobre del 2022, in un’area del cimitero dove i Trecate operavano. Questo ha consentito di acquisire prove tangibili dopo che l’estate scorsa erano emerse segnalazioni che avevano attirato l’attenzione della Guardia di finanza.
Il blitz della Guardia di finanza
Il raid della Guardia di finanza, realizzato nel febbraio 2021, ha segnato un momento cruciale nelle indagini. I tre imputati hanno violato ventisei tombe, deturpando i resti di persone identificate e non. La gravità dei reati è stata accentuata dall’abuso dei poteri derivanti dal loro ruolo ufficiale. In particolare, Francesco Trecate ha dovuto rispondere delle sue azioni in qualità di custode cimiteriale. L’indagine ha rivelato che sette cadaveri sono stati distrutti, anche parzialmente, utilizzando strumenti come un seghetto e un martello, per poi essere inceneriti. Permane documentazione video di queste pratiche, realizzata tramite riprese effettuate dalla Guardia di finanza, rendendo la situazione ancora più allarmante.
Il caso di Tropea apre interrogativi su pratiche e controlli all’interno delle strutture pubbliche e sulle procedure di custodia dei defunti, ponendo l’attenzione sulla necessità di maggiore vigilanza e integrità nelle funzioni pubbliche.