La drammatica vicenda di Fidene ha riaperto un capitolo doloroso per la comunità. Claudio Campiti, l’uomo che nel 2022 ha commesso una delle stragi più terribili nella storia recente di Roma, si è presentato in aula con un messaggio più simile a un’accusa che a una richiesta di perdono. Durante la nuova udienza del processo, il killer ha usato le sue parole per attaccare la stessa associazione che egli accusa di averlo portato a un gesto estremo, mantenendo inalterata la sua freddezza di fronte alla giuria e alle vittime della sua furia.
La strage di Fidene e l’accusa al consorzio
Contesto della tragedia
L’11 dicembre 2022, la tranquillità di un incontro tra condomini al bar del consorzio Valleverde a Fidene si è trasformata in un incubo. Quattro donne, tutte con nomi ben noti alla comunità, sono state uccise da Campiti in un assalto che ha scosso l’intera Roma. Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis sono i nomi delle vittime, e la loro memoria pesa sulle spalle di un processo che cerca di fare giustizia per una tragedia così immane.
Le parole di Campiti in aula
Oggi, Campiti ha utilizzato il suo tempo in aula non per manifestare il rimorso, ma per esprimere una serie di accuse contro il consorzio Valleverde, definendolo “associazione a delinquere”. Durante la sua dichiarazione, letta dal suo avvocato, ha sollecitato la giuria, specialmente i membri non esperti in legge, a contattarlo per dubbi o chiarimenti, attraverso il tramite legale. Ha sollevato interrogativi riguardo alla gestione dei lavori che, secondo lui, sarebbero dovuti durare solamente da cinque a dieci anni, non “mezzo secolo”. Questi commenti rivelano una mente disturbata che cerca di distogliere l’attenzione dalla gravità delle sue azioni, riversando la responsabilità su altri.
Testimonianze cruciali: questore e prefetto in aula
L’intervento del questore di Roma
Nel corso dell’udienza, sono stati ascoltati come testimoni il questore di Roma Carmine Belfiore e il prefetto di Roma Lamberto Giannini. La testimonianza di Belfiore è stata particolarmente illuminante. Ha raccontato di una serie di irregolarità riscontrate nei poligoni di tiro della capitale e del fatto che Campiti si era procurato l’arma in modo illecito in un contesto dove già si erano verificati incidenti. Raccontando della sua breve permanenza come questore, ha messo in evidenza le problematiche strutturali relative alla distribuzione di armi e munizioni, sottolineando la necessità di un controllo più rigoroso per prevenire atti di violenza.
Le dichiarazioni del prefetto
Il prefetto Giannini ha fornito ulteriori dettagli sul percorso di Campiti e ha chiarito che la richiesta di porto d’armi da parte dell’imputato era stata negata dalle autorità. Questo elemento solleva interrogativi sull’efficacia delle misure di sicurezza e su come individui considerati a rischio possano comunque accedere a armi. Le testimonianze dei due funzionari hanno messo in luce non solo la necessità di una revisione delle procedure di autorizzazione per la detenzione di armi, ma anche delle misure preventive da adottare per salvaguardare la pubblica sicurezza.
L’impatto sulla comunità di Fidene
La strage ha lasciato un segno profondo non solo sulle famiglie delle vittime, ma sull’intera comunità di Fidene. Dal giorno dell’orribile evento, la zona ha vissuto un clima di paura e insicurezza. Gli abitanti della comunità si sono uniti nel dolore, celebrando la vita delle loro concittadine scomparse e lottando affinché una tragedia simile non si ripeta più.
Campiti, con la sua assenza di pentimento e il suo attacco alla struttura consortile, ha sollevato un ulteriore dibattito sulla responsabilità delle associazioni che gestiscono beni comuni e sulla necessità di un controllo adeguato. L’udienza di oggi non ha solo gettato luce sulle circostanze dell’evento tragico, ma ha anche stimolato un dialogo necessario per affrontare il problema della violenza nella società contemporanea.
La vicenda continua a svilupparsi. Con il processo che avanza, la comunità si chiede quale possa essere il passo successivo per riportare la serenità e la giustizia in un contesto segnato da una ferita così profonda.