Il tribunale ecclesiastico ha pronunciato la sentenza nel primo grado di giudizio contro don Samuele Marelli, ex parroco di Seregno e direttore della Fondazione Oratori Milanesi, per presunti abusi sessuali su minori. La vicenda, sotto l’attenzione anche della Procura di Monza, ha scosso la comunità locale e messo in luce misure disciplinari severe all’interno dell’arcidiocesi di Milano. Le restrizioni imposte riguardano divieti di residenza, ministero sacerdotale e contatti con minori.
Le pene canoniche stabilite contro don samuele marelli
Don Samuele Marelli è stato dichiarato colpevole dal tribunale ecclesiastico per due reati previsti dall’ordinamento canonico. A lui è stato vietato di risiedere per cinque anni nel territorio dell’Arcidiocesi di Milano e gli è stato proibito l’esercizio pubblico del ministero sacerdotale per lo stesso periodo. Più grave il divieto riguardo la confessione e l’attività di direzione spirituale, che durerà per dieci anni.
Il tribunale ha posto un fermo vincolo soprattutto sul rapporto con i minori: a don Marelli è vietato ogni contatto volontario con minori se non in presenza di un accompagnatore maggiorenne. Inoltre non può stabilire alcun contatto volontario con le persone che, durante il suo ministero a Seregno, erano residenti canonicamente nella città . Queste misure vogliono impedire qualsiasi occasione futura di abuso e tutelare la sicurezza della comunità .
Le restrizioni indicano un’attenzione precisa del tribunale ecclesiastico nel contenere rischi derivanti da rapporti personali e ruoli spirituali, soprattutto dopo le accuse gravi e le indagini che proseguono anche sul piano civile.
La lettura della sentenza e la risposta della comunità di seregno
La sentenza è stata resa pubblica durante una messa officiata alle 11 nella parrocchia di San Giuseppe a Seregno. Il vicario episcopale di Monza, monsignor Michele Elli, ha letto il dispositivo davanti ai fedeli della comunità pastorale “Giovanni Paolo II“. Si tratta dello stesso contesto dove vivevano i ragazzi che sono stati presunte vittime degli abusi.
Don Marelli, sospeso dall’arcidiocesi milanese a dicembre 2023, ha così subito una condanna ecclesiastica che mira a impedire qualsiasi ruolo pubblico nei luoghi collegati al clero, specialmente in presenza di minori o persone con cui aveva rapporti legati al suo incarico precedente. La lettura della sentenza in parrocchia assume un significato pubblico e simbolico, volto a informare direttamente i fedeli coinvolti e a restituire dignità a chi ha subito danni.
Monsignor Elli ha espresso la vicinanza della diocesi a chi ha sofferto in questa vicenda, sottolineando il momento difficile per la comunità cristiana locale. Il riferimento alla domenica della Divina misericordia ha voluto richiamare un senso di speranza e riflessione, nonostante il peso della sentenza.
Le accuse canoniche e la posizione del tribunale ecclesiastico
Il tribunale ecclesiastico ha riconosciuto la colpevolezza di don Marelli in relazione a due specifiche imputazioni previste dall’ordinamento canonico. La prima riguarda atti contrari al sesto comandamento del decalogo con minore, quindi abusi sessuali su soggetti non adulti. La seconda si riferisce a comportamenti analoghi con persone maggiorenni, ma realizzati approfittando della sua autorità di chierico.
Questa distinzione evidenzia le diverse fattispecie punite dalla legge canonica, che considera particolarmente gravi gli abusi di potere da parte di sacerdoti nei confronti di chiunque, indipendentemente dall’età , se compiuti con modalità coercitive o ingannevoli.
La sentenza canonica si affianca così alle indagini civili svolte dalla Procura di Monza, che sta approfondendo ogni aspetto della vicenda. L’intervento ecclesiastico formalizza una condanna all’interno della Chiesa, facendo emergere la responsabilità morale e legale di don Marelli e ponendo limiti precisi alla sua presenza e attività .
Contesto più ampio
Questo caso fa parte di una serie di processi canonici che mirano a contrastare abusi e a tutelare le persone vulnerabili all’interno delle comunità religiose, con un’attenzione crescente alle modalità di prevenzione e controllo da parte delle autorità ecclesiastiche.
Il procedimento canonico tocca così una realtà dolente per la diocesi di Milano e per le comunità locali. Le disposizioni alla fine del primo grado innalzano un muro protettivo per i più fragili e dispongono misure restrittive per chi ha violato la fiducia legata al ruolo sacerdotale. La vicenda resta aperta anche in tribunale civile, mentre l’attenzione rimane alta per garantire sicurezza e rispetto nelle relazioni tra Chiesa e fedeli.