Le preoccupazioni per la corruzione e le infiltrazioni mafiose nel Comune di Tremestieri Etneo hanno portato a un’importante sentenza da parte del gup Ottavio Grasso. La decisione, che ha concluso un processo di rito abbreviato emerso dall’inchiesta Pandora condotta dai carabinieri, ha visto diversi colpevoli tra politici e affiliati alla criminalità organizzata. La gravità delle accuse e le elevate condanne inflitte ai coinvolti fanno di questo caso un argomento rilevante per la cronaca di Catania.
Le condanne principali: l’ex sindaco Santi Rando
Santi Rando, ex sindaco di Tremestieri Etneo, ha ricevuto una condanna di otto anni di reclusione per voto di scambio politico mafioso legato alle elezioni amministrative del 2015. L’accusa di corruzione, che lo ha visto coinvolto, ha contribuito a rendere la sentenza particolarmente severa. Tuttavia, Rando è stato assolto in merito ad un caso di corruzione specifico, mentre i suoi legali, avvocati Tommaso Tamburino e Fabio Lattanzi, hanno già annunciato la loro intenzione di presentare ricorso in appello. Secondo la difesa, la sentenza risulta ingiusta e si sostiene che il giudice non abbia adeguatamente considerato il comportamento dell’ex sindaco, appiattendosi sulle richieste della Procura.
Le condanne di altri accusati: un collegamento con la mafia
Pietro Alfio Cosentino, considerato dalla Procura un collegamento tra politica e mafia, ha ricevuto una condanna a sette anni e due mesi di reclusione. Cosentino è accusato di concorso esterno e voto di scambio politico mafioso, nonché di avere delle affinità familiari con il boss Vito Romeo, anch’esso condannato a sei anni. Un’altra condanna è stata inflitta a Francesco Santapaola, noto per i suoi legami familiari con la storica mafia di Catania, che ha subito la medesima pena di Cosentino.
Altri coimputati sono stati condannati a pene variabili: Antonio Battiato ha ricevuto quattro anni e quattro mesi, Salvatore Bonanno otto mesi, Domenico Cucinotta quattro anni e due mesi, Antonio Cunsolo quattro anni e quattro mesi, e Giuseppe Ferlito quattro anni. Giovanni Naccarato ha invece visto la sua condanna fissata a cinque anni e due mesi. Le condanne inflitte non sono solo indicative della gravità dei crimini, ma mostrano anche il forte legame tra la criminalità organizzata e la politica locale.
I carabinieri sotto accusa e la questione delle intercettazioni
Il ruolo dei carabinieri all’interno di questa indagine ha portato alla condanna di Antonio Battiato e Antonio Cunsolo, anch’essi accusati di corruzione. Entrambi i militari vengono accusati di avere collaborato con il deputato regionale della Lega, Luca Sammartino, per cercare di bonificare la sua segreteria politica da potenziali microspie. La situazione si complica ulteriormente con la partecipazione della Corte costituzionale, chiamata a decidere sull’utilizzabilità delle intercettazioni effettuate dai carabinieri del comando provinciale di Catania che avevano coinvolto anche i locali di un’ex senatrice e attuale deputata della Lega, Valeria Sudano, compagna di Sammartino. La decisione della Corte avrà un’importanza cruciale nel definire le modalità con cui le prove possono essere utilizzate in un contesto giudiziario.
Implicazioni per la comunità e la politica locale
Questo caso non solo mette in discussione la fiducia della comunità nei confronti delle istituzioni locali, ma evidenzia anche la necessità di un cambio di rotta rispetto alla corruzione e al controllo della criminalità organizzata nel territorio. L’attenzione mediatica su queste condanne serve a sottolineare l’importanza della legalità e della lotta contro i fenomeni corruttivi che non risparmiano nemmeno le istituzioni pubbliche. L’auspicio è che questo epilogo possa fungere da deterrente per futuri comportamenti illeciti e stimolare un impegno collettivo a favore di una maggiore trasparenza e legalità nella gestione della cosa pubblica.