Processo Reset: 83 condanne e 36 assoluzioni per la 'ndrangheta di Cosenza

Processo Reset: 83 condanne e 36 assoluzioni per la ‘ndrangheta di Cosenza

Il processo “Reset” in Calabria ha portato a 83 condanne per membri della ‘ndrangheta, con pene fino a venti anni, e 36 assoluzioni, segnando un importante passo nella lotta alla criminalità organizzata.
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Processo Reset: 83 condanne e 36 assoluzioni per la 'ndrangheta di Cosenza - Gaeta.it

Si è concluso un processo di grande rilevanza contro la ‘ndrangheta nella provincia di Cosenza, con l’emissione di ben ottantatré condanne che vanno dai due ai venti anni di reclusione. Il processo, noto come Reset, è stato portato avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Le sentenze sono state annunciate nella storica aula bunker di Castrovillari, al termine di due ore di camera di consiglio presieduta dal giudice dell’udienza preliminare Fabiana Giacchetti. Questo evento segna un importante passo nella lotta contro la criminalità organizzata, segnalando un’azione decisiva da parte delle autorità.

Assoluzioni degli accusati: Francesco De Cicco nel mirage giudiziario

Tra le 36 assoluzioni emesse, spicca quella di Francesco De Cicco, assessore in carica alla Polizia municipale e alla Manutenzione del Comune di Cosenza. De Cicco, già assessore alla manutenzione e al decoro urbano nel 2022, era stato accusato di associazione finalizzata al gioco d’azzardo aggravata da finalità mafiose. I pubblici ministeri Corrado Cubellotti e Vito Valerio avevano invocato per lui una pena di quattro anni e dieci mesi. Tuttavia, il suo destino si è schiuso verso l’assoluzione. Nel settembre 2022, il gip aveva disposto gli arresti domiciliari per De Cicco, che, in seguito alla sua sospensione dall’incarico, aveva ottenuto la libertà il sette aprile 2023 grazie a una sentenza della Cassazione. Questo caso sottolinea le complessità legate al coinvolgimento di figure politiche in contesti giudiziari delicati.

Condanne per i vertici della consorteria: la sentenza colpisce duro

Il processo ha visto il coinvolgimento di membri di spicco della consorteria, molti dei quali hanno ricevuto pene severe. In particolare, Marco Abbruzzese è stato condannato a venti anni di reclusione, a cui si aggiungono i venti anni anche per Antonio Abbruzzese, di 40 anni. Altri nomi noti sono emersi, come Antonio Abruzzese, alias Strusciatappine, che ha ricevuto una condanna di 14 anni e un mese, e Luigi Abbruzzese, anch’egli condannato a venti anni. Fiore Bevilacqua, noto come “Mano Mozza”, è stato condannato a 19 anni. Queste decisioni rappresentano un forte segnale alle organizzazioni mafiose e un monito per chiunque pensi di operare al di fuori della legge.

Boss storici: ergastolo e pene severe anche per i grandi nomi

A chiudere un quadro giuridico denso di significato ci sono le condanne indirizzate a “vecchi” boss di notevole calibro, ormai in carcere a vita. Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni hanno ricevuto pene rispettivamente di 13 anni e 8 mesi e 11 anni. Queste condanne rimarcano come la giustizia non dimentichi e persegua chi ha condotto attività di lungo termine crocevia di illegalità e violenza, mantenendo viva la lotta contro la criminalità organizzata sulla quale lo Stato continua a investire risorse e sforzi considerevoli.

In questo contesto, il processo Reset rappresenta un passaggio cruciale nella battaglia contro la ‘ndrangheta calabrese, segnando un passo decisivo nei confronti dell’illegalità e della corruzione.

Ultimo aggiornamento il 19 Dicembre 2024 da Marco Mintillo

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