Il recentissimo sviluppo nel processo legato al crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018 a Genova, ha visto il Comitato per il ricordo dei parenti delle vittime proclamarsi parte civile. Questo processo è stato avviato per analizzare la gestione della rete autostradale ligure e si è aperto dopo una tragedia che ha causato la morte di 43 persone. Seppur portato avanti con grande attenzione, il procedimento ha escluso l’ammissione di sindacati e associazioni dei consumatori, concentrando così le parti sul ruolo dei ministeri e dei comuni coinvolti.
La composizione delle parti coinvolte nel processo
Il collegio giudicante ha riconosciuto come parti civili, già ammesse nella fase preliminare, il ministero delle Infrastrutture e diversi comuni liguri: Genova, Masone, Rossiglione, Campo Ligure e Cogoleto. Queste entità cercheranno di ottenere giustizia e risarcimenti per i danni subiti dalle comunità colpite dal disastro. Con un totale di 46 imputati, il processo è destinato a diventare un importante capitolo della giustizia italiana. Tra le figure di rilievo c’è l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia , Giovanni Castellucci, accusato di vari reati.
Accuse gravi e responsabilità nel disastro
Le accuse che i 46 imputati affrontano spaziano da reati di falso e frode a crollo colposo, passando per attentato alla sicurezza dei trasporti. Gli inquirenti hanno messo in luce come i report riguardanti lo stato dei viadotti fossero stati notevolmente ammorbiditi. Questi documenti avevano il compito di giustificare la mancanza di interventi necessari per la sicurezza delle infrastrutture. Un altro aspetto critico emerso riguarda le barriere antirumore, che presentavano difetti strutturali, e le gallerie che non rispettavano le normative vigenti.
L’inchiesta e le scoperte degli investigatori
L’inchiesta è scaturita dalle indagini sul crollo del viadotto Polcevera, che hanno rivelato gravi irregolarità nella gestione delle infrastrutture. È stato accertato che le segnalazioni sulle condizioni dei ponti erano state manipolate per ritardare i necessari lavori di manutenzione. All’interno di questa inchiesta, soprannominata “bis”, è stata inclusa anche l’analisi del crollo della galleria Bertè, che si è verificato il 30 dicembre 2019. Coordinati dai pubblici ministeri Stefano Puppo e Walter Cotugno, gli investigatori della guardia di finanza hanno messo in luce come i tecnici di Spea, incaricati della manutenzione e della sicurezza, avessero redatto report meno allarmistici.
Conseguenze del mancato intervento
Ulteriori dettagli riguardano le barriere fonoassorbenti, che, installate in diversi tratti autostradali, si sono staccate. Questo ha provocato diversi problemi agli automobilisti, aumentando il rischio di incidenti. Un’indagine ha rivelato che una delle barriere fosse stata fissata con materiali inadeguati, come il Vinavil, descrivendo una situazione inaccettabile per strutture stradali di grande importanza. Questi aspetti sollevano questioni più ampie sul controllo delle infrastrutture e sulle responsabilità delle parti coinvolte nella loro manutenzione.
Il processo non solo rappresenta un momento cruciale per le famiglie delle vittime, ma potrebbe anche portare a verifiche più severe in futuro sull’intera rete autostradale italiana.