Il femminicidio di Lorena Quaranta, giovane di 27 anni uccisa dal fidanzato Antonio De Pace nel marzo 2020, ha riacceso il dibattito sull’applicazione della giustizia in casi di violenza sulle donne. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna all’ergastolo per l’assassino, riaprendo il caso e sollevando interrogativi su come la pandemia da COVID-19 abbia influenzato il comportamento del colpevole. L’analisi della situazione, nella quale si intrecciano disagio psicologico e responsabilità , continua a suscitare indignazione e timori nella sfera politica e sociale.
La ricostruzione dei fatti: l’omicidio di Lorena Quaranta
Un dramma avvenuto durante la pandemia
Il 31 marzo 2020, in un contesto di grave emergenza sanitaria a Furci Siculo, in provincia di Messina, Antonio De Pace strangola la compagna, Lorena Quaranta, in un atto di violenza che segna una ferita profonda nella comunità . Le autorità affermano che il giovane, dopo il delitto, tenta il suicidio, un gesto che sottolinea il suo stato di profonda angoscia. Questo episodio drammatico avviene in un periodo di lockdown, dove le persone sono costrette a confrontarsi con una realtà nuova e traumatica.
Il processo che segue mette in luce come Lorena Quaranta fosse malata e necessitasse di cure. Tuttavia, nei confronti di De Pace, si inizia a discutere il tema del disagio psicologico e dell’impatto che la pandemia ha avuto su di lui. Gli avvocati dell’imputato sostengono che “la sua condotta deve essere considerata alla luce del contesto eccezionale che stava vivendo l’umanità intera.” I giudici, nella sentenza annullata, non avrebbero considerato adeguatamente tale aspetto, aprendo così un’importante discussione sulla natura delle responsabilità legate alla violenza domestica.
La posizione della Corte di Cassazione: un nuovo processo necessario
Conteggiando il disagio psicologico
La Cassazione ha evidenziato come i giudici di merito non abbiano considerato “enough” le condizioni psicologiche di De Pace nel momento in cui ha commesso l’omicidio. I togati hanno sottolineato che, in un periodo storico caratterizzato da incertezze e paure profonde, il disagio mentale del giovane non possa essere del tutto ignorato. La Corte riporta che “l’ansia e la paura di contagio vissute da De Pace hanno contribuito a condizionarlo a tal punto da compromettere le sue capacità di giudizio.”
In effetti, gli eventi precedenti all’omicidio mostrano De Pace che tenta di allontanarsi dalla situazione critica, dirigendosi verso il porto di Messina con l’intenzione di raggiungere la sua famiglia. Solo grazie all’intervento di un familiare, il giovane decide di tornare a casa. Tuttavia, l’ansia crescente e un forte disagio si trasformano in un dramma, culminando nel tragico evento. Questo nuovo giro di eventi porta alla necessità di un nuovo processo, come stabilito dalla Corte di Appello di Reggio Calabria.
Le ripercussioni sociali e politiche della sentenza
Preoccupazioni da parte di esponenti politici
La decisione della Cassazione ha sollevato un ampio dibattito all’interno delle istituzioni e tra i gruppi di advocacy per i diritti delle donne. Diversi esponenti della politica si sono fatti portavoce delle preoccupazioni circa le implicazioni di questa sentenza per i casi di violenza di genere. La capogruppo FdI nella commissione femminicidio, Elisabetta Lancillotta, ha parlato di un “precedente pericoloso,” evidenziando che non ci possono essere attenuanti per la violenza contro le donne, considerando sempre e comunque il rispetto per le vittime.
Anche la senatrice del PD, Cecilia D’Elia, si è espressa, ponendo domande sul numero di attenuanti che possono giustificare la violenza maschile. Le parlamentari del Movimento Cinque Stelle hanno denunciato l’idea che “il disagio causato dalla pandemia possa essere considerato un motivo valido per attenuare le responsabilità di chi commette atti così gravi.” La ricaduta sociale di questa vicenda è una chiamata a raccolta per rinforzare la lotta contro la violenza di genere, affinché non sia mai più consentita un’interpretazione che minimizzi tali crimini in nome di fattori esterni.
L’importanza di una discussione continua
L’ennesima vicenda di femminicidio, come quella di Lorena Quaranta, sottolinea l’urgenza di una riflessione profonda sulla punibilità della violenza domestica. La risposta della giustizia, in situazioni così complesse, deve essere attenta e sensibile alle sfumature psicologiche coinvolte, senza tuttavia far passare in secondo piano il diritto delle vittime a essere tutelate e rispettate. La decisione della Corte di Cassazione segna un momento cruciale che invita la società a vigilare attentamente sull’evoluzione delle normative riguardanti la violenza di genere, per assicurare che ogni forma di violenza venga trattata con la massima severità e senza compromessi.