Recentemente, la scena politica abruzzese è tornata a concentrarsi attorno al “Decreto Milleproroghe” approvato dal Consiglio regionale. Questa misura ha esteso fino al 2028 il mandato del Presidente del Parco Regionale Sirente Velino, Francesco D’Amore, e dei membri del Consiglio Direttivo, suscitando non poche polemiche. Il decreto si è reso necessario a causa di una discrepanza tra i mandati dei vari consiglieri, creando confusione e malumori tra gli attori coinvolti. L’evoluzione di questa situazione complessa apre a riflessioni importanti su trasparenza e gestione degli enti pubblici nella regione.
La proroga del mandato: le cause e le conseguenze
Il decreto emanato dal Consiglio Regionale ha ridisegnato la scadenza delle cariche che governano il Parco Regionale Sirente Velino. A settembre 2021 sono stati eletti il Presidente D’Amore e i consiglieri Gianfranco Tedeschi, Francesco Franceschi e Sabatino Musti, il cui mandato originariamente sarebbe scaduto nel 2026. Tuttavia, i tre nuovi consiglieri eletti nel marzo 2023, Antonio Di Bartolomeo, Francesco Benedetti e Sarah Salem, avrebbero avuto un mandato che si sarebbe concluso nel 2028. La situazione di disallineamento era dunque evidente e il decreto ha cercato di riparare a questa anomalia, ora oggetto di accese discussioni.
Il verbale della seduta del consiglio del 28 febbraio 2023 precisa che le nomine successivamente scelte dal Consiglio nell’ambito di enti pubblici decadrebbero con l’inizio di ogni nuova legislatura. Con le elezioni regionali del febbraio 2024 e l’ingresso della seconda legislatura a guida Marsilio, i consiglieri eletti l’anno precedente avrebbero dovuto considerarsi automaticamente decaduti. Tuttavia, nonostante questa regola, i consiglieri Di Bartolomeo, Benedetti e Salem hanno continuato a far parte attivamente del Consiglio Direttivo, suscitando interrogativi circa la loro legittimità e il rispetto delle normative.
Le segnalazioni e le questioni aperte
L’ex consigliere Daniele Iacutone, che ha contestato la non nomina nella seduta del 28 febbraio 2023, ha portato alla luce le problematiche relative alla composizione del Consiglio. La scelta di optare per una donna, Sarah Salem, sulla base di un’ideologia di bilanciamento di genere, ha sollevato interrogativi sulla reale rappresentatività in un contesto dove predominano figure maschili. Con soli sei uomini su sette membri, ci si interroga se tale rappresentanza possa davvero considerarsi equilibrata.
Inoltre, vi sono questioni di conflitto di interesse che dovrebbero essere affrontate con maggiore serietà. L’approccio scelto dalle autorità preposte per garantire trasparenza e correttezza nelle nomine non sembra aver trovato attuazione. Questo solleva ulteriori preoccupazioni, non solo sul rispetto delle normative consolidate, ma anche sull’efficacia dell’ente nel perseguire i propri obiettivi di tutela ambientale e valorizzazione del patrimonio naturale.
Interpretazioni politiche e prospettive future
Il decreto ha rimandato il problema, piuttosto che risolverlo, lasciando aperte le porte a interpretazioni politiche varie. Alcuni commentatori vedono nel recente allineamento dei mandati una manovra congeniale per mantenere il potere da parte del Presidente D’Amore, piuttosto che un’opportunità per rinnovare e ristrutturare il consiglio con figure più qualificate.
Le prossime decisioni del Consiglio Regionale potrebbero rivelarsi cruciali per definire il futuro del Parco. L’attuale situazione offre l’occasione per ripensare le nomine e le competenze necessarie all’interno del Consiglio Direttivo, puntando su esperti in gestione di aree protette e tutela della biodiversità, temi sempre più urgenti nel contesto contemporaneo. La gestione del patrimonio naturale dell’Abruzzo richiede – e richiederà – una risposta chiara e adeguata da parte degli amministratori, per affrontare le sfide ecologiche e sociali del futuro.
Rimane quindi da vedere se questa situazione porterà a una riflessione profonda sui meccanismi di governance e alle prassi politiche adottate in ambito regionale, o se continuerà a essere una questione dibattuta senza reale risoluzione nel lungo termine.