Una ragazzina di soli 14 anni ha subito una serie di restrizioni gravose nella sua vita quotidiana a Campagnola Emilia, in provincia di Reggio Emilia. Le forze dell’ordine sono intervenute dopo aver appreso la situazione di violenza e costrizione a cui era sottoposta, portando all’arresto della madre e del nonno, entrambi di origini pachistane. L’incidente riaccende il dibattito sui diritti delle donne e sui vizi familiari poggiati su tradizioni oppressive.
Restrizioni e maltrattamenti
Dall’inchiesta emerge un quadro preoccupante. La giovane, secondo quanto segnalato dai carabinieri, sarebbe stata costretta a indossare il velo e le sarebbe stato proibito di continuare gli studi presso le scuole superiori. Non poteva guardare la televisione, indossare abiti occidentali, avere un telefonino, socializzare con ragazzi né praticare sport. Queste misure restrittive sono avvenute in un contesto di continue minacce, tra cui quella di un ritorno forzato in Pakistan.
La madre della ragazza, 38 anni, e il nonno, 70 anni, sono stati accusati di maltrattamenti in famiglia. La situazione è stata portata all’attenzione della magistratura da una segnalazione proveniente dalla scuola della giovane, dove la ragazzina aveva confidato ai compagni e agli insegnanti i suoi timori di essere costretta a un fidanzamento o matrimonio combinato nel suo Paese d’origine.
Misure cautelari e intervento delle autorità
Il tribunale di Reggio Emilia, su indicazione della procura, ha emesso un’ordinanza che impone misure cautelari nei confronti dei due accusati. Queste misure includono il divieto di avvicinamento alla vittima, con l’obbligo di mantenere una distanza di almeno 1.500 metri. Inoltre, sia la madre che il nonno hanno ricevuto un braccialetto elettronico e sono stati imposti obblighi di firma quotidiana.
L’intervento delle forze dell’ordine è avvenuto nel tardo pomeriggio di un giorno recente, momento in cui le misure ordinate dal tribunale sono state implementate. La ragazza, per la sua protezione, è stata collocata in una struttura protetta. Questo passo è stato deciso dal tribunale dei minori di Bologna, che ha preso atto della precarietà della situazione.
Parallelismi con il caso Saman Abbas
La vicenda di questa ragazza riporta alla memoria il caso di Saman Abbas, l’18enne pachistana assassinata a Novellara nel 2021 dalla propria famiglia per la sua volontà di vivere liberamente secondo le consuetudini occidentali. Entrambi i casi rivelano una realtà inquietante, dove fattori culturali possono sfociare in violenze inaccettabili. Le storie possono essere diverse, ma le pressioni familiari e le imposizioni sociali non lo sono.
Le indagini in corso indicano che le vessazioni e la violenza psicologica e fisica erano una costante nella vita della 14enne, con episodi di abusi che andavano avanti da quando lei aveva 10-11 anni. La scoperta dei maltrattamenti ha visto l’emergere di una videointervista del nonno, in cui esponeva le sue opinioni personali su questi temi, affermando che le donne non dovevano uscire da sole. Questo accentua il quadro di una persona che sostiene tradizioni che ledono i diritti fondamentali delle donne.
In questo contesto, il coinvolgimento della scuola e la reazione delle autorità sono segnali importanti nella lotta contro le violenze domestiche e le pratiche oppressive. La situazione attuale sottolinea la necessità di un’ormai sofferta mobilitazione sociale per garantire la libertà e i diritti delle giovani ragazze in Italia e non solo.