Referendum del 8 e 9 giugno: stimoli contrapposti sul Jobs Act e la sua abrogazione

Referendum del 8 e 9 giugno: stimoli contrapposti sul Jobs Act e la sua abrogazione

Il referendum del 2025 sul Jobs Act solleva dibattiti tra esperti: si discute sull’abrogazione del contratto a tutele crescenti e sulla reintegrazione dei lavoratori licenziati illegittimamente.
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Referendum del 8 e 9 giugno: stimoli contrapposti sul Jobs Act e la sua abrogazione - Gaeta.it

L’appuntamento referendario dell’8 e 9 giugno 2025 si avvicina, e con esso cresce l’interesse per le questioni legate alle normative sul lavoro, in particolare quelle introdotte dal Jobs Act. Il primo referendum, promosso dalla CGIL, mira a cancellare le disposizioni riguardanti il contratto a tutele crescenti. Questa consultazione si concentra sulla reintegrazione dei lavoratori licenziati illegittimamente, un tema cruciale che ha sollevato dibattiti accesi tra esperti e accademici. Le posizioni in campo, rappresentate dai professori Franco Focareta e Arturo Maresca, evidenziano le ragioni contrapposte per il “sì” e il “no” a tale abrogazione.

Il “sì” all’abrogazione: un percorso verso l’uguaglianza lavorativa

Il professor Focareta, esperto di diritto del lavoro all’Università di Bologna, sostiene con fermezza la necessità di abrogare le norme del Jobs Act contro i licenziamenti illegittimi. Secondo lui, l’introduzione di contratti a tutele crescenti ha creato disparità ingiustificabili. Infatti, i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 si trovano in una posizione vulnerabile, poiché, in caso di licenziamento illegittimo, non solo è difficile ottenere la reintegra ma anche le indennità risarcitorie sono considerevolmente inferiori rispetto a quelle offerte dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

L’impatto negativo di questa differenziazione è evidente, spiega Focareta, e nonostante i tentativi di mitigazione da parte del legislatore e delle sentenze della Corte Costituzionale, le disparità persistono. Con la riuscita del referendum, secondo il professor Focareta, tutti i lavoratori potrebbero beneficiare delle stesse tutele, uniformandosi sotto le garanzie offerte dall’articolo 18, che prevede la reintegrazione e indennità non inferiori a dodici mensilità. L’obiettivo finale non è solo la protezione dei lavoratori, ma la creazione di un ambiente lavorativo più giusto e coeso, dove ogni dipendente goda delle stesse opportunità e diritti.

Il “no” all’abrogazione: una tutela crescente e consolidata

Dall’altra parte, il professor Maresca dell’Università La Sapienza di Roma presenta una visione opposta. Egli mette in evidenza come le norme attualmente vigenti differiscano significativamente da quelle inizialmente previste dal Jobs Act. Infatti, le disposizioni attuali prevedono risarcimenti notevoli, che possono arrivare fino a 36 mensilità in caso di licenziamento ingiustificato.

Maresca sostiene che, a seguito degli interventi della Corte Costituzionale, la reintegrazione è ora possibile anche nei casi di licenziamento disciplinare. Questi sviluppi forniscono una protezione robusta ai lavoratori, tant’è che in alcune situazioni i contratti a tutele crescenti risultano addirittura più favorevoli rispetto alle garanzie dell’articolo 18. La preoccupazione centrale è che l’abrogazione di tali tutele potrebbe portare a una frattura nel mercato del lavoro, creando categorie di lavoratori con differenti diritti e obblighi a seconda del periodo di assunzione. La norma dell’articolo 18, quindi, appare sempre più residuale, riguardando solo una ristretta percentuale di lavoratori.

La posizione di Maresca pone l’accento sull’importanza di mantenere l’attuale sistema, che potrebbe apparire limitato, ma che in realtà offre soluzioni concrete per i casi di ingiustizia. Rimuovere le tutele crescenti, secondo lui, non solo non risolverebbe i problemi attuali, ma creerebbe nuove disuguaglianze fra i lavoratori, con conseguenze potenzialmente dannose per la stabilità del mercato del lavoro.

La consultazione referendaria si configura quindi non solo come una scelta legislativa ma come l’occasione per riflettere su quale modello di protezione lavorativa si voglia realmente adottare, considerando le diverse visioni e le sfide che il mondo del lavoro presenta in un contesto in continua evoluzione.

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