Renato Vallanzasca, storica figura della malavita milanese, ha trascorso ben 52 anni della sua vita dietro le sbarre, accumulando un totale di quattro ergastoli. Oggi, a 74 anni, si trova in uno stato di grave deterioramento fisico e mentale. I suoi legali attestano che è “l’ombra di se stesso”, mentre i medici segnalano una serie di problemi di salute che ne compromettono ulteriormente la qualità della vita. Dopo una serie di ricoveri, Vallanzasca appare sempre più distante dalla realtà, richiedendo ora un urgente trasferimento in una struttura per malati di Alzheimer.
Salute in declino: le testimonianze dei medici
Condizioni critiche in carcere
Secondo il Servizio Medico Penitenziario, Vallanzasca vive in una condizione di paranoia e deliri notturni, oltre a soffrire di afasia che lo porta anche a cadere dal letto. I colleghi del neurologo che lo seguono hanno dichiarato che ha “perso completamente il controllo” e che la sua attuale situazione di detenzione non è più compatibile con le sue esigenze mediche. Durante il periodo estivo, Vallanzasca è stato ricoverato più volte in ospedale, un chiaro segno della gravità della sua malattia. La situazione ha condotto il giudice Carmen D’Elia a prendere in considerazione un trasferimento in una struttura più adeguata, poiché i requisiti per la sua detenzione carceraria sono ora insostenibili.
Richieste di trasferimento: il tribunale di sorveglianza
Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha mostrato un atteggiamento favorevole rispetto al trasferimento di Vallanzasca. Un parere positivo ha già avuto luogo e il giudice si è riservata alcuni giorni per decidere. Gratificato dalla possibilità di ricevere cure adeguate, l’ex boss della malavita attende una risposta che potrebbe cambiare radicalmente la sua vita. La struttura proposta si trova in provincia di Padova e sembra essere in grado di fornire le attenzioni mediche necessarie per affrontare la sua condizione.
La carriera criminale di un boss affermato
Dall’arresto alla notorietà
Negli anni ’70, Renato Vallanzasca non era solo un criminale; era il simbolo di una generazione di malviventi che ha alimentato le cronache di Milano. Arrestato nel 1972 per una rapina in un supermercato, ha saputo evadere e riorganizzare la “Banda della Comasina”, che ha inferto colpi durissimi alla sicurezza pubblica italiana. Nel biennio 1976-1977, Vallanzasca è stato responsabile di circa settanta rapine, omicidi e numerosi sequestri di persona, costringendo le forze dell’ordine a un impegno straordinario.
Una vita di evasioni e condanne
Nel 1977, Vallanzasca fu nuovamente arrestato e, dopo una serie di evasioni spettacolari, continuò a sfuggire alla giustizia per anni. La sua notorietà fiorì anche grazie a una certa aura romantica che la stampa gli attribuì, trasformandolo da semplice criminale a leggenda. Il suo stile di vita da ribelle e le sue rocambolesche fughe restarono impresse nel cuore della narrativa popolare italiana. Fino al 1997, anno in cui il suo comportamento lo portò a scontare pene ancor più severe, Vallanzasca si fece conoscere come “il bel René”, una figura carismatica e, a tratti, tragicomica, che oscillava tra il male estremo e peculiarità da divo.
La sua eredità culturale: cinema e televisione
La rappresentazione di un mito criminale
Renato Vallanzasca ha ispirato numerosi registi e sceneggiatori che hanno cercato di catturare la sua essenza controversa nel mondo del cinema e della televisione. Nel 2010, Michele Placido realizzò il film “Gli Angeli del male”, che ricostruisce la vita di Vallanzasca, interpretato da Kim Rossi Stuart, mettendo in evidenza la complessità e le contraddizioni del personaggio. Non solo un criminale, ma anche un simbolo di un’epoca, la sua vita è divenuta un soggetto di grande interesse per il grande pubblico.
La recente attenzione mediatica
Nel 2012, Ricky Tognazzi arricchì la narrativa attorno a Vallanzasca inserendo elementi della sua vita anche in una mini serie dedicata al caso Tortora. Di recente, nel 2022, Sky ha prodotto una docu-serie in cinque puntate, ripercorrendo non solo la vita di Vallanzasca, ma anche il contesto storico e sociale dell’epoca. Questi progetti testimoniano quanto la figura del boss della mala milanese, trascesa dai crimini, continui ad affascinare e a destare attenzione, diventando materia di riflessione su giustizia e mediazione della realtà criminale.