L’udienza della corte d’Assise di Venezia per il processo di Filippo Turetta si svolge nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, mettendo in evidenza un tema di rilevanza sociale: il femminicidio. L’accusa, rappresentata dal pm Andrea Petroni, è pronta a richiedere l’ergastolo per Turetta, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere. Questo caso ha scosso l’opinione pubblica italiana, evidenziando le questioni legate al patriarcato e alla violenza di genere.
La colpevolezza di Turetta nel mirino del pubblico ministero
Il pm Andrea Petroni non ha dubbi sulla responsabilità di Filippo Turetta nell’omicidio di Giulia Cecchettin. Durante la requisitoria, Petroni descrive dettagliatamente le prove schiaccianti contro di lui, sottolineando la brutalità dell’azione. La giovane Giulia, una studentessa imminente alla laurea, è stata aggredita in un parcheggio a Vigonovo, dove ha subito un attacco intenso che ha portato alla sua morte. Turetta, presente in aula, rimane immobile e ascolta mentre viene ricostruita la violenza subita dalla sua ex fidanzata, la quale è stata colpita in modo terribile, ricevendo un totale di 75 coltellate.
Questo processo è il secondo a cui Turetta partecipa, dopo il suo interrogatorio in una precedente udienza. Le dure parole del pm evidenziano il grave atto perpetrato e la sofferenza di Giulia, il cui corpo è stato ripreso in un’area industriale di Fossó.
L’aggressione nel parcheggio: sei minuti di orrore
L’attacco subito da Giulia nel parcheggio è descritto come un episodio flash, di soli sei minuti. Durante questo periodo, sono state rinvenute tracce di sangue e un coltello senza impugnatura, con il pm che riporta come la giovane fosse pienamente consapevole della sua situazione, chiedendo aiuto. Questo momento cruciale ha avuto luogo prima che Turetta costringesse Giulia a risalire in auto, portandola verso una sorte peggiore. A Fossó, vediamo il culmine della brutalità: Giulia è stata aggredita ripetutamente, mentre il pm illustra come il sangue fosse presente anche all’interno dell’auto, segno della brutalità del conflitto. Il video di sorveglianza dell’area mostra la figura inanimata della giovane, suggerendo che già prima di quel momento, Turetta avesse inflitto gravi lesioni.
La campagna contro la violenza di genere e l’appello del padre
Gino Cecchettin, padre di Giulia, è presente in aula e continua a portare l’attenzione sulla violenza di genere. Sul suo profilo sociale, ha condiviso un video della campagna “Una nessuna centomila”, con il potente slogan “Se io non voglio tu non puoi”. Questo messaggio ha lo scopo di sensibilizzare la società sull’importanza del consenso e dell’educazione contro la violenza. L’impegno del padre serve a sottolineare non solo il dolore personale, ma anche la necessità di un cambiamento culturale più ampio.
La richiesta di ergastolo e le prove a carico di Turetta
Il pm Andrea Petroni, davanti alla corte, chiarisce che la richiesta di ergastolo per Filippo Turetta non è frutto di una mera sensazione, ma si basa su una serie di evidenze concrete. Dopo aver trascorso una settimana in fuga, Turetta viene arrestato in Germania e confessa di aver compiuto l’omicidio. Petroni evidenzia che la confessione non è stata un gesto di pentimento, ma piuttosto il risultato di una situazione disperata: Turetta aveva esaurito i suoi mezzi e si stava preparando per l’arresto.
Durante la requisitoria, il pm sostiene che il giovane ha cercato attivamente di distruggere le prove, tra cui il cellulare della vittima e i propri vestiti insanguinati. Questi dettagli, uniti alle testimonianze e alle prove raccolte, dipingono un quadro chiaro della colpevolezza dell’imputato e contribuiscono a delineare la gravità dell’atto di violenza perpetrato.
Ultimo aggiornamento il 25 Novembre 2024 da Sofia Greco