Il tribunale di Catania ha deciso di mantenere in carcere Giuseppe ‘Enzo’ Mangion, noto capo della famiglia mafiosa Santapaola. La misura, che avrebbe dovuto cessare, è stata prorogata dalla Corte d’appello su richiesta della procura generale, che ha evidenziato gravi rischi legati alla sua libertà. La decisione arriva a pochi giorni dalla scadenza dell’ultima ordinanza di custodia cautelare emessa nel 2019.
Che ruolo ha giuseppe ‘enzo’ mangion nella mafia catanese
Giuseppe Mangion, 65 anni, è un nome noto alle cronache giudiziarie di Catania per i suoi legami con la potente famiglia Santapaola. Figlio di Francesco Mangion, uno dei luogotenenti più fidati di Benedetto Santapaola, Mangion ha avuto un ruolo di rilievo nel sodalizio criminale catanese. Le sue attività sono state al centro di inchieste giudiziarie che hanno ricostruito la rete di affari illeciti della famiglia.
La sua posizione è stata confermata nel corso degli anni da diverse indagini, culminate nell’ordinanza di custodia del 2019 nata dall’operazione denominata Samael. Quella misura, destinata a tutelare l’ordinamento giudiziario e a evitare che Mangion ostacolasse le indagini o si sottraesse alla giustizia, avrebbe dovuto terminare nei giorni scorsi. Il suo legame familiare con altri elementi di spicco della mafia catanese rende Mangion una figura centrale nelle dinamiche criminali della zona.
La decisione della corte d’appello di catania
La prima sezione della Corte d’appello di Catania, guidata dal presidente Sebastiano Mignemi, ha accolto la richiesta dei sostituti procuratori generali Nicolò Marino e Andrea Ursino. I magistrati hanno presentato un’informativa dettagliata, realizzata con l’ausilio della Dia e del nucleo interforze di Polizia giudiziaria della Procura Generale, che ha rimarcato il pericolo rappresentato dal rilascio di Mangion.
La Corte ha rilevato che sussistono rischi concreti di fuga, legati al ruolo di vertice svolto da Mangion nella gestione degli affari criminali. Il giudice ha sottolineato come il boss continui a essere parte attiva nella struttura mafiosa proprio grazie al legame con il cognato Aldo Ercolano, che mantiene la guida del gruppo grazie alla moglie Francesca Mangion, sorella di Giuseppe.
La possibilità di scambi di informazioni tra Mangion e i vertici dell’organizzazione, anche tramite colloqui in carcere con la sorella, rappresenta un elemento che ha spinto la corte a confermare la custodia in carcere. Le esigenze cautelari risultano quindi ancora molto forti, sia per il rischio di inquinamento probatorio sia per prevenire infiltrazioni criminali.
La pena definitiva e il lungo iter processuale di mangion
Mangion ha già subito una condanna pesante per associazione mafiosa. La sua pena ammonta a 19 anni e 3 mesi, sentenza pronunciata nel 2009 e confermata nel 2022 dal tribunale, con la Corte d’appello che ne ha stabilito l’irrevocabilità solo nel corso del 2024. Questo procedimento è nato da anni di indagini puntuali e da una lunga attività giudiziaria mirata a smantellare i vertici mafiosi della città.
L’operazione Samael del 2019, che ha portato alla nuova ordinanza cautelare, ha colpito vari membri della famiglia Santapaola e ha ribadito l’importanza del controllo della giustizia sulle azioni del gruppo mafioso, anche a distanza di tempo. La conferma della condanna e la decisione di mantenere il carcere hanno una valenza simbolica e pratica: dimostrano che la grande criminalità rimane nel mirino delle autorità, senza sconti.
I magistrati ritengono che non siano venuti meno gli indizi di responsabilità gravi e che le misure restrittive siano necessarie per impedire altre azioni inquinanti dell’ordine pubblico. Il controllo giudiziario continua a essere uno strumento chiave per limitare i danni provocati dalla famiglia mafiosa a Catania e nell’area circostante.
La rete di comunicazione interna al sodalizio
Secondo la Corte d’appello, Mangion potrebbe ancora ricevere direttive e scambiare comunicazioni con il cognato Aldo Ercolano. I magistrati segnalano che la moglie del cognato, Francesca Mangion, funge da tramite per tramettere messaggi. Questi scambi avvengono sia attraverso colloqui in carcere, sia usando mezzi telefonici.
La struttura della famiglia mafiosa mantiene quindi una rete di relazioni efficace per continuare a gestire gli affari anche con alcuni membri detenuti. La corte ha ritenuto che questa realtà non si sia modificata, il che conferma la necessità di mantenere le restrizioni per contrastare la tenuta del sodalizio.
L’interesse della famiglia Santapaola a tutelare i suoi membri dalla cattura resta forte. Questo si riflette nella continua cura degli equilibri interni all’organizzazione criminosa, che utilizza schemi collaudati per mantenersi operativa nonostante i colpi della giustizia. L’attenzione della magistratura rimane alta per evitare che le organizzazioni mafiose possano riprendere forza grazie a sistemi di comunicazione nascosti.
I controlli si concentrano quindi tanto sull’attività esterna quanto sulle dinamiche interne al sistema mafioso, soprattutto in riferimento a figure come Mangion che hanno una posizione di rilievo e che possono condizionare le scelte del gruppo anche in carcere.