I lavoratori trentini del settore delle autonomie locali si trovano in una situazione economica difficile, con stipendi significativamente inferiori rispetto ai colleghi dell’Alto Adige e alla media delle altre regioni a statuto speciale in Italia. Recenti dati analizzati dall’Ispat rivelano un divario retributivo che mette in luce un problema diffuso nel comparto pubblico trentino, suscitando preoccupazione e richiamando l’attenzione delle organizzazioni sindacali.
Analisi del gap retributivo tra Trentino e Alto Adige
Retribuzione media a confronto
Secondo l’analisi della Cgil del Trentino, la retribuzione media dei dipendenti pubblici nella provincia nel 2022 si attesta a 34.806 euro lordi all’anno. Al contrario, in Alto Adige la cifra è nettamente più elevata, con una media di 42.743 euro. Questo divario, pari a circa 7.937 euro, evidenzia una disparità significativa che chiama in causa le politiche salariali delle autonomie locali. Inoltre, se si considera la retribuzione media delle regioni a statuto speciale, che si colloca a 37.074 euro, il Trentino si pone ben al di sotto di questo standard.
L’impatto dei contratti e dell’inflazione
Il segretario generale della Funzione pubblica Cgil, Luigi Diaspro, ha rimarcato come il recente rinnovo contrattuale per il periodo 2022-2024 non contribuisca a colmare questo divario. L’aumento contrattuale del 7,88%, infatti, risulta inadeguato rispetto al tasso di inflazione, calcolato dall’Ipca, che nel triennio ha raggiunto il 15,4%. Questo squilibrio rappresenta non solo un mancato adeguamento retributivo, ma anche un’ulteriore erosione del potere d’acquisto per i lavoratori pubblici trentini, che vedono i loro stipendi non solo stagnare ma in realtà ridursi in termini reali.
Situazione economica e scelte politiche
Riflessi sull’economia familiare
L’alto tasso d’inflazione degli ultimi anni, combinato con le dinamiche salariali stagnanti, ha portato a un impoverimento reale delle famiglie in Trentino. La crescente difficoltà economica è palpabile, richiedendo azioni concrete da parte delle autorità locali per affrontare l’emergenza retributiva. Nonostante ciò, il presidente Maurizio Fugatti ha riconosciuto la problematica senza però implementare misure adeguate.
Mancanza di stanziamenti per il potere d’acquisto
Di fronte alla legge di assestamento provinciale, che prevede movimenti finanziari superiori a un miliardo di euro, il governo provinciale non ha allocato risorse sufficienti per aumentare il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici. Questo non solo penalizza i lavoratori pubblici, ma lancia anche un segnale negativo per il settore privato, minando la fiducia nelle istituzioni e nella loro capacità di sostenere l’occupazione e il benessere economico della popolazione.
Le parole e i fatti: un contrasto evidente
La nota della Cgil sottolinea l’incoerenza di un protocollo come quello del 24 giugno, che anziché fornire una soluzione concreta alla crisi retributiva, si traduce in una perdita di potere d’acquisto del 8% rispetto all’Ipca. La mancanza di azioni concrete in questo contesto suggerisce un allontanamento dalle promesse fatte dalla giunta provinciale, la quale si era impegnata a rendere una priorità l’emergenza salariale.
Attraverso una riflessione approfondita sulle politiche retributive del Trentino, emerge chiaramente la necessità di un intervento strategico per affrontare una situazione che, se trascurata, porterà a ulteriori difficoltà per i lavoratori pubblici e per l’intera economia provinciale.