Riaprire il caso di Andrea Di Nino: nuova ipotesi di omicidio a Viterbo

Riaprire il caso di Andrea Di Nino: nuova ipotesi di omicidio a Viterbo

La Procura di Viterbo riapre le indagini sulla morte di Andrea Di Nino, ipotizzando un omicidio volontario dopo la testimonianza di un compagno di cella, mentre i familiari chiedono giustizia.
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Riaprire il caso di Andrea Di Nino: nuova ipotesi di omicidio a Viterbo - Gaeta.it

La morte di Andrea Di Nino, avvenuta nel carcere di Mammagialla a Viterbo nel maggio 2018, riaccende l’interesse della procura locale. La segnalazione di un testimone, vicino di cella della vittima, ha portato a una nuova fase investigativa incentrata sull’ipotesi di omicidio volontario, abbandonando quella precedentemente considerata per omicidio colposo. Questo sviluppo, come riportato dal Messaggero, offre un nuovo spunto per i familiari di Andrea, da sempre convinti della sua innocenza e della sua morte violenta.

Un percorso legale contorto

Nel corso degli anni, le indagini iniziali sulla morte di Andrea Di Nino hanno portato a un processo in ambito penale. Attualmente, sono sotto processo per omicidio colposo diversi funzionari del carcere, inclusi un assistente capo della polizia penitenziaria e il medico di guardia. Il direttore della struttura, inizialmente accusato, è stato assolto in tutte le fasi del procedimento. Tuttavia, in vista della prossima udienza, l’avvocato Nicola Triusciuoglio, in rappresentanza della famiglia Di Nino, e alla luce dell’apertura di questo nuovo fascicolo, ha intenzione di richiedere la sospensione del processo pendente.

Questo scenario legale ha visto un susseguirsi di testimonianze e dichiarazioni. Il racconto del testimone, ora rilevante nella nuova indagine, descrive una scena inquietante: tre agenti della penitenziaria che avrebbero picchiato Andrea prima del suo tragico ritrovamento. La gravità della situazione ha spinto i familiari ad agire, sporgendo denuncia e chiedendo giustizia per le circostanze della morte di Andrea.

Circostanze della morte: una versione discordante

La versione ufficiale della morte di Andrea sostiene che l’uomo si sia impiccato nella cella di isolamento in cui si trovava da diversi giorni. Secondo le autorità, un lenzuolo sarebbe stato utilizzato per commettere il suicidio, ma i familiari non credono affatto a questa ricostruzione. “Non si sarebbe mai suicidato”, dichiarano i suoi fratelli, mettendo in dubbio la versione del carcere che non tiene conto delle sue condizioni emotive e psicologiche. A 36 anni, Andrea si trovava in carcere per un cumulo di pene, ma stava per concludere la sua detenzione e, come sottolineano i familiari, “non vedeva l’ora di tornare dai suoi figli”.

Le testimonianze raccontano anche delle sue pressanti richieste per contattare la madre gravemente malata, un aspetto che potrebbe averlo messo in conflitto con il personale penitenziario. Le fonti indicate dai familiari parlano di un’attenzione costante da parte degli agenti nei suoi confronti, descrivendo un ambiente carcerario ostile e violento.

L’ipotesi di omicidio volontario, sulla quale ora si concentrano le indagini della Procura di Viterbo, potrebbe rappresentare un cambiamento significativo nell’approccio legale e nella ricerca della verità per la famiglia Di Nino.

Il caso rimane aperto e i dettagli che emergeranno dalla prossima udienza potrebbero rivelarsi cruciali per comprendere meglio le dinamiche che hanno portato alla morte di Andrea.

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