Richieste di soccorso disperate durante l'emergenza Natisone: indagini in corso

Richieste di soccorso disperate durante l’emergenza Natisone: indagini in corso

Tre giovani bloccati nel Fiume Natisone chiedono aiuto in una situazione di emergenza. La Procura di Udine indaga su possibili responsabilità nei soccorsi dopo le disperate chiamate al 112.
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Richieste di soccorso disperate durante l'emergenza Natisone: indagini in corso - Gaeta.it

Le tragiche richieste di aiuto di tre giovani bloccati nelle acque del Fiume Natisone hanno portato alla luce una situazione di grande emergenza. Patrizia Cormos, unitamente ai suoi amici Bianca Doros e Cristian Molnar, si è trovata in difficoltà mentre le acque del Natisone continuavano a salire rapidamente. Le registrazioni delle loro disperate chiamate al 112 sono diventate oggetto di indagine da parte della Procura di Udine, che ha avviato un’inchiesta per comprendere eventuali responsabilità nei soccorsi.

La dinamica dell’emergenza

Il dramma è iniziato in un pomeriggio in cui il fiume, gonfiato da piogge incessanti, ha sorpreso i tre giovani e ha minacciato di travolgerli. Patrizia ha contattato i soccorritori alle 13.29, lanciando il primo grido di aiuto. Durante la telefonata, la giovane ha spiegato dettagliatamente la loro situazione, ammettendo di essere circondati dall’acqua. La centrale operativa del 112 ha preso atto della richiesta e ha sollecitato un intervento rapido.

La seconda richiesta di aiuto, giunta pochi minuti dopo alle 13.36, ha messo in evidenza il crescente panico e la difficoltà della situazione. “Non ce la facciamo più”, è stata la frase straziante di Patrizia, espressa nell’ultima chiamata alle 13.38, nella quale si è sentita la crescente disperazione. Una circostanza allarmante riguarda il fatto che, in una delle telefonate, è rimasta in attesa per sei minuti, momento durante il quale le acque continuavano a salire.

Le risposte dei soccorritori

Il vigile del fuoco al telefono ha cercato di rassicurare Patrizia, promettendo che sarebbero giunti sul posto il più presto possibile. “Dobbiamo arrivare, eh”, è stata la risposta che ha cercato di infondere un minimo di speranza in un momento critico. Tuttavia, il tempo era un fattore cruciale e la rapidità della risposta si è dimostrata determinante.

Il tentativo di salvare i giovani al Natisone ha visto coinvolti i Vigili del Fuoco, che si sono attivati immediatamente. Soprattutto, uno degli addetti ha provato a raggiungerli lanciando delle corde dall’alto. Un altro vigile ha tentato di entrare in acqua per liberarli, ma la forte corrente ha reso l’operazione estremamente complicata. Questi tentativi mettono in evidenza la pericolosità della situazione e le sfide che i soccorritori hanno affrontato nel tentativo di effettuare un salvataggio efficace.

Indagini e responsabilità

Le registrazioni delle chiamate di soccorso sono state rese pubbliche e stanno ora alimentando un’inchiesta guidata dalla Procura di Udine. Sono quattro le persone attualmente indagate, e l’obiettivo è accertare se ci siano stati errori o omissioni nella gestione della situazione. La madre di Patrizia, Michaela, ha espresso il proprio dissenso nei confronti dell’operato dei soccorritori, evidenziando la frustrazione e la sofferenza in una circostanza così tragica.

Le indagini vogliono fare luce sulla catena di eventi che ha portato a questa emergenza e se le risposte fornite dai soccorritori siano state tempestive e adeguate, o se ci sia stata una mancanza di azione in un momento in cui il tempo era fondamentale per la salvezza dei tre giovani. Questo tragico evento sottolinea l’importanza di una gestione delle emergenze efficace e pronta, soprattutto quando si è di fronte a situazioni di rischio estremo come quella vissuta sul Natisone.

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