La Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso una sentenza che segna uno spartiacque nel trattamento dei detenuti con problemi di salute mentale in Italia. La decisione è in favore di Simone Niort, un giovane recluso da otto anni, il cui stato di salute è stato giudicato incompatibile con la detenzione. Questo caso evidenzia le gravi lacune nel sistema penitenziario italiano, in particolare riguardo alla salute mentale dei detenuti.
La responsabilità dello Stato italiano
La Corte ha accertato che l’Italia ha violato i diritti alla salute e alle cure mediche di Niort, un ragazzo di 28 anni affetto da gravi problemi psichiatrici. Il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, ha confermato la sentenza, sottolineando come le autorità nazionali non siano riuscite a dimostrare di aver adeguatamente valutato lo stato di salute del detenuto in relazione alla sua detenzione. L’avvocato di Niort, Antonella Calcaterra, ha richiamato l’attenzione sul fatto che non è stata eseguita una decisione giudiziaria che prevedeva il trasferimento del giovane in una struttura carceraria più idonea alle sue condizioni di salute.
Il caso di Simone Niort rappresenta un esempio emblematico della mancanza di attenzione e dimensione umana nella gestione di detenuti con problemi psichiatrici. I tentativi di suicidio, circa una ventina durante la sua detenzione, dimostrano la gravità della situazione. La Corte ha ritenuto necessario che l’Italia riveda il proprio approccio nei confronti di detenuti vulnerabili, affinché non si ripetano simili tragedie in futuro.
La storia di Simone Niort
Simone Niort è stato arrestato nel 2016, accusato di tentato omicidio per aver aggredito la compagna incinta durante un attacco di gelosia. Questa base criminale ha portato a una serie di eventi tragici: dopo l’aggressione, la donna ha perso il bambino. La vita di Niort in carcere è stata segnata da numerosi tentativi di suicidio, iniziati solo pochi giorni dopo l’arresto. In una delle sue prime azioni disperate, ha tentato di impiccarsi con un lenzuolo nel carcere di isolamento.
Nonostante il drammatico avvio, le autorità penitenziarie non sono riuscite a fornire il supporto necessario. A sei mesi dal suo arresto, Niort ha messo in atto un altro tentativo di suicidio, tagliandosi le vene in cella. Da quel momento, il giovane ha continuato a lottare contro la sua condizione mentale e ha accumulato più di cento procedimenti disciplinari, incrementando così le difficoltà legate alla sua situazione carceraria.
La reazione della famiglia e l’appello per un cambio di rotta
Nel corso degli anni, il padre di Simone ha cercato in più occasioni di attirare l’attenzione pubblica sul caso del figlio, richiamando l’attenzione sulle criticità del sistema penitenziario italiano e sulla necessità di un intervento più umano e mirato per i detenuti con problemi psichiatrici. L’appello del padre si inserisce in un contesto più ampio, in cui molte famiglie hanno segnalato casi simili di mancanza di supporto adeguato per i propri cari in carcere.
La rete di organizzazioni e esperti sta spingendo per una riforma del sistema penitenziario, sottolineando la necessità di garantire cure adeguate e strutture appropriate per i detenuti vulnerabili. La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è un passo fondamentale in direzione di una giustizia più equa e attenta alle esigenze di salute dei detenuti, ma solleva anche interrogativi su come l’Italia intenda affrontare tali problematiche in modo efficace e tempestivo.