Ricorso contro l’ergastolo per i datori di lavoro accusati dell’omicidio di mahmoud abdalla a santa margherita ligure

Ricorso contro l’ergastolo per i datori di lavoro accusati dell’omicidio di mahmoud abdalla a santa margherita ligure

Il processo per l’omicidio di Mahmoud Abdalla, giovane egiziano ucciso nel 2023 a Santa Margherita Ligure, prosegue con l’appello dei condannati Bob e Tito che chiedono la riduzione della pena.
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Il caso dell’omicidio di Mahmoud Abdalla, giovane egiziano trovato morto sulle coste liguri, vede gli imputati appellarsi per ridurre la pena, contestando le aggravanti di premeditazione e futili motivi; la corte d’appello deciderà a ottobre. - Gaeta.it

Il caso di mahmoud abdalla, il giovane egiziano scomparso e ritrovato privo di vita nel luglio 2023 sulle coste liguri, continua a tener banco nelle aule giudiziarie. I due datori di lavoro, già condannati all’ergastolo per l’omicidio del ragazzo, si sono rivolti alla corte d’assise d’appello, presentando un ricorso che mira a una riduzione della pena attraverso la richiesta di esclusione di due aggravanti particolarmente gravi e contestate.

Il ricorso presentato dagli imputati per modificare la condanna

Ali mohamed Ali Abdelghani, detto Bob, e Ahmed gamal Kamel Abdelwahab, detto Tito, sono entrambi accusati dell’omicidio di mahmoud abdalla, 19 anni, trovato senza testa e mani al largo di santa margherita ligure. Dopo la condanna all’ergastolo con isolamento diurno, gli avvocati difensori hanno presentato appello nel tentativo di ridurre la pena. Il focus del ricorso riguarda l’esclusione di due aggravanti fondamentali: la premeditazione e i futili motivi.

La strategia legale punta a ottenere l’ammissione al rito abbreviato, un procedimento che permette di ottenere una diminuzione della condanna, basandosi sulla presunzione che ci siano elementi sufficienti per una sentenza più rapida. La prossima udienza è fissata per il 15 ottobre, davanti alla corte d’assise d’appello, dove si discuterà la fondatezza di questo ricorso.

Questa mossa potrebbe cambiare gli esiti del processo, almeno per quanto riguarda la durata della pena, se gli avvocati riusciranno a convincere i giudici della mancata premeditazione e dell’assenza di futili motivi nel delitto contestato.

Le motivazioni della sentenza di primo grado sulla dinamica dell’omicidio

Nel provvedimento che ha portato alla condanna, i giudici hanno motivato con precisione la decisione, descrivendo i fatti emersi durante il processo di primo grado. Secondo la corte, l’omicidio sarebbe stato commesso per vendetta. Il movente principale consisterebbe nell’impedire alla vittima di esercitare un diritto fondamentale: denunciando le condizioni di sfruttamento a cui era sottoposto, mahmoud abdalla si sarebbe ribellato a una situazione di abuso nella sua posizione lavorativa.

Questo elemento ha inciso pesantemente sulla qualificazione del reato, con i giudici che hanno sottolineato come entrambi gli imputati abbiano agito per fermare questa denuncia attraverso un’azione violenta, coordinata e premeditata. L’idea di “vendetta” costituisce la base della condanna, poiché la vittima aveva manifestato la volontà di liberarsi da condizioni ingiuste e opprimenti.

La corte ha inoltre evidenziato la natura pianificata dell’omicidio, definendolo un atto minuziosamente organizzato in ogni dettaglio, persino nella soppressione del corpo. Questo trattamento del cadavere ha aggiunto un ulteriore elemento di gravità al caso, rafforzando la posizione dell’accusa.

Il ruolo attribuito a ciascun imputato e la descrizione dell’atto criminale

Il processo ha assegnato responsabilità precise a bob e tito. Secondo la ricostruzione dei giudici, tito sarebbe stato colui che materialmente ha ucciso mahmoud abdalla mentre il suo complice bob ha avuto il ruolo di sorreggerlo, impedendo qualsiasi reazione da parte della vittima. Questa dinamica dimostra una collaborazione stretta e una divisione di compiti nel compimento di un crimine così grave.

L’omicidio ha suscitato particolare disgusto per le modalità con cui è stato realizzato. Il giovane barbiere ha subito un trattamento indegno, che ha portato a una morte crudele e spoglia di qualsiasi umanità. I giudici hanno definito i motivi alla base del gesto come espressione di sentimenti spregevoli, intrisi di viltà e ignominia.

La condanna e l’impatto sul territorio

Questa valutazione del comportamento degli imputati non si limita al solo atto materiale, ma mette in luce la completa mancanza di rispetto verso la persona uccisa. La sentenza sottolinea un senso di ripugnanza che il delitto ha suscitato nella comunità, ne riflette la gravità morale.

La vicenda ha profondamente colpito l’opinione pubblica, soprattutto per la brutalità del reato e per l’età della vittima. Il caso rappresenta un esempio emblematico delle conseguenze estreme legate allo sfruttamento e alle tensioni lavorative.

Il prossimo capitolo del processo si aprirà in autunno, quando la corte d’assise d’appello valuterà la richiesta difensiva ponendo sotto esame le aggravanti contestate. Sarà quel momento a definire se la condanna potrà subire modifiche o resistere senza cambiamenti, confermando così la sentenza di primo grado.

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