La Corte d’assise di appello di Cagliari ha preso una decisione significativa riguardo il caso di Alba Veronica Puddu, un’ex dottoressa di 53 anni originaria di Tertenia. Condannata in primo grado a ergastolo per omicidio volontario aggravato, circonvenzione di incapace e truffa, la sua pena è stata rivista. L’appello ha visto l’accoglimento di alcune richieste e l’analisi di perizie psichiatriche, che hanno portato a una decisione più mite, sebbene continuino a gravare su di lei pesanti accuse e il riconoscimento di responsabilità.
La decisione della Corte e l’adeguamento della pena
In un’udienza che ha tenuto alta l’attenzione dell’opinione pubblica, i giudici della Corte d’assise di appello hanno deciso di ridurre la condanna originaria di ergastolo per Alba Veronica Puddu, trasformandola in una pena di 18 anni di carcere. Questa revisione è stata motivata dalla considerazione della parziale incapacità di intendere e di volere riconosciuta all’imputata, oltre alla prescrizione dei reati minori che pesavano su di lei. Tuttavia, sono stati confermati i risarcimenti tramite provvisionale ai quali è tenuta la donna.
Il procuratore generale Luigi Patronaggio, che ha richiesto la revisione della pena, ha anche sottolineato l’importanza di condannare l’imputata per le sue azioni. Gli avvocati difensori, Gianluca Aste e Michele Zuddas, si sono riservati di valutare un ricorso per Cassazione, indicando che le motivazioni della sentenza saranno analizzate prima di procedere.
Dettagli sulla perizia psichiatrica
Uno degli aspetti centrali di questo caso è stata la perizia psichiatrica disposta dalla Corte, affidata al professor Elvezio Pilfo, noto per il suo ruolo in casi di alta profilo come quello di Annamaria Franzoni e più di recente nel processo ad Alessia Pifferi. Pilfo ha stabilito che Alba Veronica Puddu presenta una parziale incapacità di intendere e di volere, evidenziando al contempo la sua pericolosità sociale. Questo punto ha avuto un peso specifico nel processo decisionale dei giudici, i quali hanno ritenuto necessaria la protezione della società, negando il ripristino della professione medica per la donna.
L’inchiesta e l’impatto mediatico
L’indagine che ha portato a questa condanna è emersa nel 2017, grazie a un’inchiesta del programma di informazione Le Iene. Quest’ultima ha rivelato che alcuni malati oncologici avevano abbandonato le terapie convenzionali per affidarsi ai trattamenti promossi da Alba Veronica Puddu, che sosteneva di poter curare i tumori attraverso l’uso di ultrasuoni. Questa affermazione ha sollevato un ampio dibattito etico e legale sull’adeguatezza delle cure e sulla responsabilità di chi esercita una professione medica.
Il caso ha suscitato forte interesse mediatico e pubblico, ponendo in luce temi complessi legati all’abuso di fiducia e alla vulnerabilità dei pazienti in cerca di cure alternative. La storia di Alba Veronica Puddu rimane al centro di discussioni sia in ambito legale che sociale, contribuendo a un più ampio ragionamento sulle pratiche mediche non convenzionali e sulle tutele necessarie per evitare situazioni simili in futuro.
Ultimo aggiornamento il 10 Gennaio 2025 da Elisabetta Cina