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Il settore della distribuzione di carburanti in Italia è attualmente in fase di attesa per una riforma tanto necessaria quanto contestata, il cui approvamento è stato rinviato a causa delle opposizioni dei sindacati dei benzinai. L’analisi del panorama attuale mette in luce non solo le inefficienze del sistema, ma anche la necessità di un riassetto per affrontare la crescente parcellizzazione degli impianti e le disparità regionali.
La situazione attuale della distribuzione carburanti in Italia
Con oltre 22.000 punti vendita sulla rete stradale e circa 450 lungo le autostrade, il network di distribuzione carburanti in Italia presenta un differente grado di efficienza e sostenibilità. Questa rete è diventata obsoleta, richiedendo un intervento urgente per riorganizzarla e renderla più competitiva, soprattutto in un contesto europeo, in cui risulta evidente un divario significativo rispetto ad altri Paesi.
Recenti dati evidenziano come l’Italia sia indietro rispetto a nazioni come Germania e Francia; nel 2022, l’Italia ha registrato un erogato medio di 1.370 metri cubi per stazione, molto al di sotto dei 3.641 metri cubi per stazione della Germania. Con un numero di stazioni di servizio per veicolo pari a 1.812, l’Italia sembra subire il peso di una distribuzione eccessivamente frammentata, che non riesce a garantire l’efficienza necessaria per un mercato in continua evoluzione.
Il confronto con l’Europa: numeri e differenze
Analizzando il panorama europeo, i dati dell’Unem mettono in evidenza la polverizzazione della rete italiana: nel 2022, l’Italia disponeva di 22.187 punti vendita, mentre la Germania, con una rete di 14.069 impianti, mostra un’operatività significativamente superiore, attestata a 3.641 metri cubi di erogato medio, il che sottolinea un’efficienza nel servizio che l’Italia fatica a raggiungere.
Anche Francia e Spagna si posizionano meglio: i 10.609 impianti francesi hanno un erogato medio di 3.990 metri cubi, mentre la Spagna conta 11.734 stazioni con un erogato di 2.275 metri cubi. Questo confronto non mette in evidenza solo la quantità di punti vendita, ma anche la gestione dei flussi di carburante, evidenziando come l’Italia debba necessariamente rivedere le proprie strategie di distribuzione per adattarsi agli standard europei.
Impianti a basso erogato: una questione economica e sociale
Una questione cruciale evidenziata dal presidente dell’Unem, Gianni Murano, riguarda il 20% degli impianti italiani, che non supera i 400.000 litri di carburante erogato annualmente. Questi punti vendita generano ricavi lordi che oscillano tra i 15.000 e 30.000 euro, un guadagno nettamente insufficiente per sostenere i costi operativi.
In un contesto economico in cui i margini di profitto sono sempre più ristretti, la diminuzione dei volumi di vendita non rappresenta solo una sfida economica, ma favorisce anche fenomeni di illegalità e concorrenza sleale, come evidenziato dall’indagine della Commissione Finanze della Camera. Questi fattori non solo compromettono la sostenibilità del mercato, ma mettono a rischio la sicurezza e l’integrità dell’intero sistema di distribuzione carburanti in Italia.
Disparità regionali: un’analisi differenziata
Non è solo a livello nazionale che emergono criticità, poiché anche a livello regionale si registrano significative differenze nello scenario distributivo. Le regioni del Nord-Est, come il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, presentano un’erogazione di carburante superiore alla media nazionale, al contrario delle aree del Centro-Sud dove i dati sono inferiori.
Ad esempio, Milano con 2.080 metri cubi, Roma con 1.512 metri cubi e Napoli, che si attesta a 1.183 metri cubi, dimostrano disparità che necessitano di un’analisi approfondita per interventi mirati. Tali differenze pongono in evidenza la necessità di uno sviluppo equilibrato e sostenibile della rete di distribuzione, per garantire un accesso equo e supportare le comunità locali.
Ultimo aggiornamento il 5 Settembre 2024 da Armando Proietti