Le recenti tensioni nel settore metalmeccanico hanno portato alla proclamazione di un nuovo sciopero da parte dei sindacati, volto a rilanciare i negoziati per il rinnovo del contratto nazionale. Bloccati per mesi su questioni economiche, i rappresentanti di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm hanno deciso di adottare misure più incisive, annunciando un fermo di lavoro di almeno otto ore. Questa azione verrà realizzata su tutto il territorio nazionale e avrà l’obiettivo di intensificare la pressione sulle aziende. L’iniziativa mira a rafforzare i blocchi degli straordinari e delle flessibilità, mettendo l’accento anche su normative che necessitano dell’approvazione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie .
Le ragioni della protesta
I leader sindacali, Michele De Palma per Fiom-Cgil, Ferdinando Uliano per Fim-Cisl e Rocco Palombella per Uilm, hanno condiviso le motivazioni alla base di questa nuova mobilitazione, che si inserisce in un contesto di crescente insoddisfazione. Durante una conferenza stampa, hanno criticato la totale indisponibilità di Federmeccanica e Assistal, le associazioni datoriali, a riprendere il dialogo per il rinnovo contrattuale. Questo confronto era già scaduto da oltre otto mesi, e i sindacati considerano “inaccettabile” la scelta delle controparti di presentare una “contropiattaforma”. Una proposta che, secondo i rappresentanti sindacali, annulla di fatto le richieste salariali e normative necessarie per i lavoratori del settore.
Fiom, Fim e Uilm sottolineano la necessità di riprendere le discussioni sulla base della piattaforma sindacale già presentata, dichiarando che, se questo clima di chiusura prosegue, le relazioni industriali e sindacali ne risentiranno. Comprendere le dimensioni di queste richieste, dei contratti e delle posizioni di entrambe le parti è fondamentale per analizzare la situazione attuale del settore.
Il nodo economico del rinnovo
Le trattative per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici si sono concentrate su diversi aspetti economici. La piattaforma unitaria proposta dai sindacati prevede un aumento di 280 euro lordi a regime per i minimi retributivi. Tuttavia, le controparti datoriali hanno risposto avanzando una proposta che si concentra sul miglioramento delle prestazioni di welfare, lasciando in secondo piano l’aumento diretto delle retribuzioni. Le imprese sembrano offerte per un adeguamento dei minimi tabellari, ma solo in relazione all’Ipca Nei, un indicatore dei prezzi al consumo europeo, escludendo i beni energetici.
La divergenza di visioni tra lavoratori e datori di lavoro rappresenta una delle sfide più importanti da affrontare in questi negoziati. Adottare un approccio costruttivo potrebbe portare a una soluzione che soddisfi le esigenze di entrambe le parti coinvolte.
Le proposte delle associazioni datoriali
Nel tentativo di venire incontro alle richieste dei lavoratori, Federmeccanica e Assistal hanno avanzato una proposta che include l’aumento dei flexible benefit esentasse da 200 a 400 euro. Ulteriori benefici sono previsti se i fondi sono utilizzati per rimborsi di rette di asili nido, acquisto di libri scolastici o trasporti pubblici.
Altri elementi significativi della proposta comprendono una copertura assicurativa vitalizia per garantire una rendita mensile di 600 euro in caso di non autosufficienza. Inoltre, ci sarà un miglioramento delle prestazioni di sanità integrativa per i lavoratori con reddito annuale lordo sotto i 35mila euro, con attenzione particolare a ridurre le franchigie o scoperti per le spese odontoiatriche.
Le posizioni delle associazioni datoriali rimangono distanti da quelle dei sindacati, rendendo necessario un ripensamento da entrambe le parti e un coinvolgimento diretto per evitare ulteriori conflitti e malintesi nel settore.