Il recente annuncio del pacchetto di dazi “Liberation 2” da parte dell’amministrazione Trump ha scosso gli investitori globali. I cambiamenti nella politica commerciale statunitense, particolarmente rivolti contro la Cina, stanno alterando il panorama macroeconomico. Gli investitori sono chiamati a rivalutare i loro portafogli e a ripensare il concetto stesso di beni rifugio. Sotto questo nuovo regime, il dollaro e i Treasury sembrano perdere il loro tradizionale ruolo protettivo, mentre oro e franco svizzero si affermano nuovamente come punti di riferimento. Sorprendentemente, il bitcoin emerge come un candidato intrigante, rivelando una resilienza inaspettata.
La crisi dei tradizionali asset rifugio
Tradizionalmente, il binomio formato dal dollaro statunitense e dai Treasury ha rappresentato un’ancora di salvezza per gli investitori, permettendo loro di navigare attraverso le acque tempestose dei mercati globali. Tuttavia, attualmente entrambi questi asset stanno mostrando segni evidenti di debolezza. Il Dollar Index, che misura il valore del dollaro rispetto a un paniere di valute, è sceso sotto il fatidico quota 100, registrando un calo del 10% rispetto ai massimi di gennaio. Questo andamento suggerisce che gli Stati Uniti stiano perdendo terreno nel contesto globale.
Nel frattempo, i rendimenti dei Treasury decennali hanno subito un incremento significativo, passando dal 3,8% di aprile al 4,5% attuale. Questi cambiamenti avvengono nonostante una recente asta di 39 miliardi di dollari, che ha visto una domanda record da parte degli investitori esteri. Tuttavia, a pesare sui tassi d’interesse ci sono le stime allarmanti sul deficit statunitense, previsto in aumento del 23% per l’anno fiscale 2025, con un potenziale balzo che porterebbe il deficit a una fascia compresa tra 2.500 e 2.700 miliardi di dollari.
Il contesto diventa ancora più preoccupante se si considera l’eventuale ulteriore escalation dei dazi sotto la guida di Trump, che potrebbe innescare un periodo di stagflazione. Questo scenario non sarebbe di certo favorevole per le obbligazioni di lungo termine, già in affanno.
La riduzione dell’esposizione dei creditori storici
Non solo i dati interni inquietano. Anche i principali creditori degli Stati Uniti, come Cina e Giappone, stanno riducendo gradualmente le loro esposizioni in titoli di Stato americani. Questo spostamento strategico rende difficile per Washington collocare il proprio debito, in particolare sulla parte lunga della curva dei rendimenti. La crescente riluttanza da parte dei creditori stranieri avrà ripercussioni significative: è probabile che gli Stati Uniti debbano fare affidamento su una domanda interna sostenuta e sul supporto della Federal Reserve. Tale situazione può portare a distorsioni potenzialmente pericolose nella politica monetaria del paese.
Le manovre di mercato che coinvolgono il debito pubblico statunitense evidenziano un cambiamento radicale. Questo scenario si aggiunge a una serie di preoccupazioni riguardanti la stabilità finanziaria, spingendo gli investitori a rifugiarsi in alternative più sicure.
L’oro e la sua inarrestabile ascesa
Tra le varie opzioni a disposizione, l’oro si sta affermando come il re indiscusso dei beni rifugio. Nelle recenti settimane, il prezzo dell’oro ha raggiunto un nuovo massimo storico, toccando i 3.245 dollari l’oncia. In passato, durante alcuni sell-off drammatici, il metallo giallo ha subito vendite a causa di necessità liquidatorie. Quando il Vix, l’indice della volatilità , ha superato i 60 punti, similmente a quanto accaduto nei momenti critici dell’89 e nel 2020, anche l’oro non è stato esente da turbolenze. Tuttavia, questo è successo per circostanze tecniche, costringendo gli operatori a liquidare posizioni liquide.
Una volta superato il clou della crisi, l’oro ha ripreso la sua corsa al rialzo, a conferma della sua natura di bene rifugio. Non solo si sta riprendendo come asset di sicurezza, ma sta diventando anche la prima scelta per le banche centrali dei paesi non allineati al dollaro, come quella cinese, che vedono nell’oro una possibilità di diversificare le loro riserve estere. Questo cambiamento è emerso in risposta alle sanzioni internazionali contro la Russia, che hanno messo a rischio le riserve in dollari.
In questo contesto, l’oro non è solo un bene prezioso, ma rappresenta un’alternativa potenzialmente neutrale, meno soggetta a influenze politiche. Un trend che si è accentuato dal 2022, quando la guerra in Ucraina ha spinto le nazioni a riflettere su strategie di investimenti lontane dalla moneta statunitense. La tendenza di accumulo di oro da parte di paesi non alleati al dollaro sembrano rappresentare una nuova era per la finanza globale, dove l’oro potrebbe ritrovare un posto preminente tra gli asset di valore.