Risarcimento milionario per la famiglia di Mattia Maestri, il bimbo in coma per formaggio contaminato

Risarcimento milionario per la famiglia di Mattia Maestri, il bimbo in coma per formaggio contaminato

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Risarcimento milionario per la famiglia di Mattia Maestri, il bimbo in coma per formaggio contaminato - Gaeta.it

Un tragico episodio avvenuto nel 2017 trova finalmente parziale giustizia. Il Tribunale di Trento ha deciso di assegnare un risarcimento milionario per la famiglia di Mattia Maestri, il bambino di soli quattro anni che, a causa di una grave intossicazione da Escherichia coli, è stato costretto a vivere in coma per anni. Questa controversia legale ha sollevato importanti questioni sulla sicurezza alimentare e sulla responsabilità medica, rendendo il caso un tema centrale nel dibattito pubblico.

Il dramma di Mattia Maestri: formaggio contaminato e coma

Il caso di Mattia Maestri risale al giugno del 2017, quando il bimbo ha consumato del formaggio a latte crudo prodotto dal Caseificio Sociale di Coredo, che si è rivelato contaminato da Escherichia coli. Questa grave infezione, con conseguenze devastanti, ha portato il piccolo a un’immediata emergenza medica, conclusasi con un coma prolungato. Oggi Mattia ha 11 anni, ma le sue condizioni rimangono critiche e la famiglia continua a lottare per la giustizia.

Nel 2023, il Tribunale di Trento ha stabilito un risarcimento complessivo provvisionale di 1 milione di euro. In particolare, 600mila euro sono stati destinati al bambino, mentre ciascun genitore riceverà 200mila euro. Questo risarcimento rappresenta una risposta significativa alle sofferenze e ai traumi vissuti dalla famiglia, che si trova ad affrontare un peso incommensurabile non solo emotivo, ma anche economico, data la necessità di cure continue per il piccolo.

La responsabilità legale non si ferma alla produzione del formaggio. Infatti, Lorenzo Biasi, ex presidente del caseificio, e Gianluca Fornasari, il casaro, sono stati condannati per lesioni gravissime. Questa sentenza ha messo in luce le gravi mancanze nella produzione alimentare e ha posto interrogativi sulla sicurezza dei prodotti alimentari, in particolare di quelli destinati ai bambini.

La contestazione alla pediatra e le ombre sulla diagnosi

Un altro capitolo della storia coinvolge una pediatra dell’ospedale Santa Chiara di Trento, citata in giudizio per “omissione di atti d’ufficio” e “lesioni personali colpose gravissime” collegate al caso di Mattia. Secondo l’accusa, la dottoressa si sarebbe rifiutata di esprimere un parere sullo stato di salute del bambino, nonostante fosse in condizioni gravi e ci fosse stata richiesta da una collega medica.

Il ritardo nella diagnosi della sindrome emolitico-uremica , identificata solo tre giorni dopo, ha sollevato gravi preoccupazioni. La mancanza di un intervento tempestivo nella gestione del caso ha significato un aggravamento delle condizioni di Mattia, ritardando l’inizio delle cure necessarie per la sua sopravvivenza. La situazione ha sottolineato i potenziali rischi associati a disguidi interni nel sistema sanitario e la responsabilità dei professionisti nel garantire un’assistenza adeguata e tempestiva.

Riflessioni della famiglia e responsabilità del produttore

La vicenda di Mattia continua a suscitare emozione e rabbia nella famiglia. Gian Battista Maestri, il padre, ha esternato la sua frustrazione per il comportamento della pediatra, ritenuto inaccettabile in un momento di crisi così eclatante. Ha spiegato che, dopo aver consumato il formaggio contaminato, il figlio è stato rapidamente portato in ospedale, ma il consulto che avrebbe potuto fare la differenza non è stato preso in considerazione dalla pediatra, la quale ha addotto motivi di stanchezza.

Nonostante il risarcimento, la famiglia di Mattia continua a sottolineare che la principale responsabilità resta in capo al caseificio. “Se mio figlio non avesse mangiato quel formaggio, starebbe bene,” ha dichiarato il padre, evidenziando come il prodotto fosse stato comunque raccomandato per i bambini, aumentando così l’assegnazione di responsabilità al produttore.

Le conseguenze di questa tragica storia non si limitano solo alla famiglia Maestri, ma suscitano una riflessione più ampia sulla sicurezza alimentare e sulla tutela della salute pubblica. Il caso di Mattia Maestri è un monito per tutti, un appello a una maggiore attenzione e responsabilità sia nella produzione di alimenti che nella gestione sanitaria.

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