L’11 novembre 2024 è stata una giornata significativa per la giustizia italiana, quando il tribunale del lavoro di Roma ha emesso una sentenza destinata a fare storia. Un ex dipendente della raffineria Kuwait, conosciuta in passato come Mobil Oil Italiana, ha visto riconosciuto il proprio diritto al risarcimento dopo sei anni dalla sua morte. La responsabilità della società per il decesso dell’ex operaio è stata ufficialmente riconosciuta. A questo proposito, ai familiari è stato attribuito un indennizzo complessivo di oltre 1,5 milioni di euro. Questo caso evidenzia la gravità del problema legato all’amianto e colpisce nel profondo il settore petrolchimico.
La vicenda di V.T. e gli effetti dell’amianto
V.T., un uomo di 70 anni, è deceduto nel dicembre 2016 a causa di un mesotelioma pleurico, un tipo di cancro riconosciuto come una diretta conseguenza dell’esposizione all’amianto. Per ben 22 anni, aveva prestato servizio nella raffineria di Napoli, in un ambiente di lavoro potenzialmente letale. Le sue mansioni iniziali comprendevano il lavoro come pompista, ma successivamente V.T. era diventato conduttore di caldaie e impianti all’interno della centrale termoelettrica. L’Inail aveva già riconosciuto la malattia come professionale, confermando che V.T. fosse stato esposto a sostanze tossiche durante la sua carriera lavorativa.
Nella causa intentata dai familiari, è emerso chiaramente che V.T. si trovava in contatto diretto e indiretto con polveri di amianto, esponendosi al rischio di contaminazione ambientale. In particolare, le condizioni di lavoro includevano la manipolazione di tubazioni, guarnizioni e cavi che contenevano amianto, mentre venivano effettuate operazioni di manutenzione da parte di tecnici non protetti. Sconcertante è il fatto che l’azienda non avesse messo in atto misure di sicurezza appropriate. Non erano fornite mascherine protettive né erano installate cappe di aspirazione adeguate per ridurre l’esposizione alle polveri nocive.
La sentenza e le conseguenze per il settore petrolchimico
Il tribunale ha accolto le tesi dei familiari, stabilendo un risarcimento di 444.787 euro destinati alla famiglia di V.T., oltre circa 300.000 euro ciascuno per la moglie e i tre figli. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale della famiglia, ha sottolineato l’importanza di questa sentenza. Ha affermato che rappresenta un passo decisivo per affrontare il rischio amianto nel petrolchimico, settore noto per l’alto numero di malattie correlate, tra cui mesotelioma e tumori polmonari e della laringe.
Bonanni ha messo in evidenza la necessità di un’azione più incisiva da parte delle istituzioni. Ha esortato a velocizzare il processo di bonifica del Sito di Interesse Nazionale di Napoli, sottolineando l’urgenza della messa in sicurezza di aree contaminate. Questa richiesta diventa ancor più pressante considerando che la prevenzione di nuove tragedie è vitale. La sentenza potrebbe rappresentare un punto di svolta nella consapevolezza riguardo ai pericoli legati all’amianto, contribuendo anche a riformare le politiche di sicurezza nei luoghi di lavoro.
La decisione del tribunale non segna solamente un risultato per la famiglia di V.T., ma solleva questioni fondamentali sull’integrità delle pratiche di lavoro in un settore tanto delicato quanto quello petrolchimico. Con questa sentenza, la giustizia appare come un elemento chiave nel contrastare i rischi legati all’amianto e nel proteggere i lavoratori da future esposizioni pericolose.
Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2024 da Marco Mintillo