Nel contesto delle recenti indagini di stampo mafioso che hanno scosso Bari, emergono dettagli sconcertanti riguardo le elezioni comunali del 2019. Le comunicazioni tra membri dei clan Palermiti e Savino Parisi mettono in luce la figura della cognata del boss, oltre alla sua candidatura nella lista civica Sport Bari. Questa situazione, che si intreccia con accuse di voto di scambio, alimenta il dibattito sulle infiltrazioni mafiose all’interno dell’amministrazione locale.
La candidatura della cognata di Parisi
Durante le elezioni comunali del 2019, la cognata di Savino Parisi, un noto boss della mafia, ha preso parte al processo elettorale candidandosi nel primo municipio, precisamente nel quartiere Japigia, roccaforte del clan di “Savinuccio”. Sebbene fosse incensurata, ha raccolto solo 21 preferenze, un numero che sottolinea la limitata capacità di attrarre consenso elettorale. La lista Sport Bari, su cui si presentò, era a supporto del candidato sindaco del centrodestra, Pasquale Di Rella.
Il fatto che la cognata di un boss mafioso partecipasse attivamente alla vita politica di Bari ha sollevato questioni importanti riguardo la collusione tra mafia e politica. In effetti, nella stessa lista è stata successivamente eletta Francesca Ferri, che ha affrontato l’arresto nel 2022 per voto di scambio. Ferri, che ha iniziato la sua carriera politica con il centrodestra, ha poi cambiato partito, passando al centrosinistra. Questo cambio di alleanze mette in evidenza le dinamiche complesse e spesso ambigue della politica locale.
Le indagini hanno rilevato che la candidatura della cognata di Parisi ha sollevato preoccupazioni tra i membri del clan Palermiti, i quali temevano che la donna potesse rappresentare una “talpa” nelle loro attività illecite. La sua posizione potenzialmente strategica nell’amministrazione comunale ha destato attenzione e timori, creando un clima di sfiducia all’interno dei clan mafiosi.
Le indagini e gli arresti per voto di scambio
Le elezioni comunali del 2019 sono diventate oggetto di un’inchiesta più ampia, chiamata “Codice interno”, che ha recentemente portato all’arresto di circa 130 persone per presunti reati di voto di scambio politico-mafioso. Tra gli arrestati figurano figure di spicco della politica locale, tra cui Carmen Lorusso, una consigliera eletta con il centrodestra che in seguito ha cambiato schieramento, passando al centrosinistra. Anche suo marito Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale, è finito nel mirino delle indagini.
Questi sviluppi hanno innescato una reazione da parte del Viminale che, di fronte alle evidenze emerse, ha inviato a Bari una commissione ministeriale con il compito di esaminare la situazione e verificare la presenza di infiltrazioni mafiose nei meccanismi dell’amministrazione comunale. Già durante il percorso elettorale, i segnali di collusione tra mafia e politica erano emersi, ma l’organizzazione del voto di scambio ha sollevato ulteriori interrogativi sulla capacità delle istituzioni di mantenere l’integrità del processo democratico.
Le evidenze raccolte dall’indagine mostrano un quadro complesso, dove la criminalità organizzata sembra avere un potere influente sulle elezioni locali. Le elezioni stesse diventano il campo di battaglia tra legalità e illegalità, con i clan mafiosi pronti a mettere in atto strategie per mantenere la loro influenza sul territorio.
Le conseguenze per la politica barese
Gli eventi accaduti in seguito alle elezioni comunali del 2019 hanno avuto ripercussioni significative sulla politica di Bari. La scoperta di legami tra figure politiche e clan mafiosi ha scatenato un clima di sfiducia tra i cittadini nei confronti delle istituzioni e ha accentuato la necessità di una revisione delle pratiche politiche e di un potenziamento della trasparenza. La pressione della società civile per un’amministrazione più pulita e responsabile è cresciuta, diventando un tema centrale per i prossimi appuntamenti elettorali.
La situazione ha inoltre indotto un dibattito pubblico su come affrontare e prevenire le infiltrazioni mafiose nella politica locale. L’intervento del Ministero dell’Interno può rappresentare un passo importante verso la risoluzione di un problema che ha radici profonde e storiche nella regione. Rinnovati richiami alla legalità e all’etica politica sono ormai imperativi se si vogliono ristabilire fiducia e credibilità istituzionale.
Infine, la questione delle infiltrazioni mafiose non riguarda unicamente Bari o la Puglia, ma torna ad essere una problematica centrale per l’intero Paese. La necessità di misure preventive per garantire l’indipendenza della politica dalla criminalità organizzata è un tema che, purtroppo, si ripropone frequentemente consapevoli che la lotta contro la mafia deve essere sempre più incisiva e distribuita su vari fronti.