La tensione esplosa al carcere minorile del Pratello di Bologna si è conclusa con il trasferimento di quattro detenuti ritenuti responsabili dei disordini. Tra il 18 e il 19 aprile 2025, la protesta interna ha messo in crisi la gestione dell’istituto, provocando feriti tra il personale di polizia penitenziaria e richiedendo l’intervento di forze speciali per ristabilire la calma. Il problema, secondo le autorità, era legato a richieste di “zone franche” che avrebbero limitato le attività di controllo degli agenti.
come è nata la rivolta e quali richieste hanno avanzato i detenuti
La rivolta è scoppiata nel tardo pomeriggio del 18 aprile con l’intento di creare disordine per costringere l’amministrazione carceraria ad accettare richieste di autonomia all’interno delle celle. In particolare, i detenuti, guidati da quattro capi di rivolta , hanno chiesto l’istituzione di “zone franche” ovvero spazi dove il personale non potesse effettuare ispezioni o perquisizioni. L’obiettivo era quindi rendere alcune aree del carcere inaccessibili agli agenti, limitando il controllo previsto dal regolamento penitenziario.
il punto di vista delle autorità
Antonio Pappalardo, direttore interregionale del dipartimento per la giustizia minorile, ha spiegato come questa situazione abbia preso una piega ancora più grave. Oltre alla richiesta di spazi non sorvegliati, i capi rivolta avrebbero imposto azioni vessatorie verso altri reclusi, innescando così un clima di paura dentro l’istituto. La presa di posizione dei rivoltosi si è trasformata in una vera e propria resistenza a fronte dei tentativi di dialogo e mediazione da parte del personale.
lo svolgimento degli scontri e l’intervento delle forze di polizia penitenziaria
Nel corso del pomeriggio del 19 aprile, gli agenti hanno tentato, attraverso dialoghi prolungati, di convincere i detenuti a rinunciare all’occupazione delle celle e a cessare la protesta. Alcuni reclusi hanno però risposto barricandosi dentro le celle stesse, rifiutando ogni tipo di confronto. Dopo ore di trattativa, la situazione è degenerata con il lancio di oggetti contro gli agenti.
la reazione della polizia
Il comandante della polizia penitenziaria ha riportato ferite lievi nel tentativo di mantenere il dialogo aperto. Vista l’ostilità, si è reso necessario chiamare rinforzi dotati di equipaggiamenti antisommossa per contenere la rivolta. L’azione degli agenti in tenuta protettiva ha previsto un approccio misurato, continuation i tentativi di dialogo ma preparando l’intervento fisico.
Nonostante i nuovi lanci di oggetti e le minacce di “mettere a ferro e fuoco il carcere”, i detenuti hanno infine scelto di cedere. Dopo aver smontato le barricate, si sono consegnati alla polizia penitenziaria, ponendo fine agli scontri.
trasferimenti e conseguenze per la gestione del carcere minorile
Il giorno successivo alla conclusione della rivolta, le autorità hanno disposto il trasferimento di quattro detenuti ritenuti capi della protesta verso altri istituti penali. Tra questi, il minorenne coinvolto è stato collocato fuori dal Pratello per evitare ulteriori tensioni. Questa misura disciplinare mira a isolare i leader della rivolta e a prevenire il ripetersi di simili episodi.
La direzione del carcere ha sottolineato come il ripristino dell’ordine sia fondamentale non solo per la sicurezza degli agenti, ma anche per i detenuti che non hanno partecipato alla protesta. La presenza di “zone franche” era stata respinta categoricamente dal personale, evidenziando il ruolo essenziale del controllo continuo nelle strutture di detenzione.
sfide future
Vicende come questa mettono in luce le sfide che gli istituti minorili affrontano quotidianamente per gestire situazioni di conflitto. La gestione di rivendicazioni interne e la prevenzione di azioni violente restano prioritarie per il mantenimento di un ambiente sicuro. La pronta risposta delle forze penitenziarie ha evitato ulteriori danni materiali e lesionati gravi al personale.
L’attenzione ora è rivolta al clima interno del Pratello e alle scelte future per assicurare una convivenza meno conflittuale, anche tramite programmi di reinserimento e controllo mirato sull’organizzazione carceraria.