Roma cambia volto: le norme tecniche del piano regolatore modificano profili urbani e funzioni commerciali

Roma cambia volto: le norme tecniche del piano regolatore modificano profili urbani e funzioni commerciali

Il nuovo piano regolatore di Roma introduce modifiche radicali tra tutela del patrimonio storico, ampliamento delle superfici commerciali, sviluppo verticale e riduzione dell’edilizia sociale, con impatti sul tessuto urbano e sociale.
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Il piano regolatore di Roma è stato profondamente aggiornato, introducendo modifiche che favoriscono investimenti privati, sviluppo edilizio verticale e ampliamento delle superfici commerciali, suscitando critiche per l’impatto sul patrimonio storico, il tessuto sociale e la vivibilità urbana. - Gaeta.it

Il piano regolatore della capitale italiano sta attraversando una fase di profondo cambiamento. Le norme tecniche di attuazione, che fissano le regole su come costruire, tutelare e trasformare il tessuto urbano, sono state aggiornate per rispondere a nuove esigenze regionali e nazionali. La revisione, partita da un aggiornamento tecnico, ha assorbito una trasformazione più ampia, rischiando di alterare in modo sostanziale gli equilibri storici e culturali nella città.

regole di trasformazione urbana e patrimonio storico: un cambio radicale per Roma

Le norme approvate nel 2008 definivano uno schema chiaro per la riqualificazione e salvaguardia della città. Dopo oltre quindici anni, si è sentita la necessità di aggiornare queste regole per rendere compatibili i piani locali con le nuove direttive di Regione e Stato. L’iter di revisione, iniziato come un semplice allineamento tecnico, è diventato invece un processo di revisione sostanziale, soprattutto sul tipo di edifici ammessi e sulle destinazioni d’uso consentite.

Roma, città nota per l’orizzonte segnato da colli, cupole e palazzi storici, potrebbe trovarsi presto a ospitare torri residenziali e strutture commerciali che alterano l’aspetto tradizionale. Il rischio è forte soprattutto nelle zone con edifici d’inizio Novecento, antichi cinema, e immobili medievali che potrebbero venire sostituiti da complessi di nuova costruzione. Questo cambiamento non passa inosservato: l’assenza del coinvolgimento della soprintendenza speciale di Roma nel processo ha causato una richiesta ufficiale di sospensione delle procedure, a causa della mancanza di garanzie sulle tutele del patrimonio.

dialogo con le rappresentanze edilizie e critiche civiche

Il dialogo invece è avvenuto quasi esclusivamente con rappresentanze di costruttori. Dal Comune arrivano commenti sul lavoro svolto a fianco delle associazioni edili, ma diversi soggetti civici e culturali contestano la scarsa trasparenza e la mancanza di un’effettiva condivisione pubblica durante l’elaborazione del nuovo testo.

modifiche sulle superfici commerciali e impatti sul commercio di vicinato

Tra le novità più evidenti, il testo consente di quadruplicare la superficie destinata a negozi. Nei quartieri storici, dove fino a poco tempo fa i punti vendita erano limitati per non compromettere il tessuto locale, ora si potranno realizzare spazi commerciali fino a mille metri quadrati. Questa apertura comprende anche la possibilità di aggregare aree di vendita anche quando sono collocate in edifici differenti ma adiacenti.

Questa disposizione favorisce indubbiamente l’ingresso di grandi catene e centri commerciali, portando a un potenziale ridimensionamento delle attività commerciali di vicinato, spesso elementi fondamentali per l’identità di molte zone romane. Da più parti si denuncia che questo assetto contribuirà a trasformare il commercio cittadino, spostando l’attenzione sulle grandi strutture a discapito delle realtà locali.

I cinema storici, riconosciuti come beni dalla Carta della qualità, perdono la protezione dal piano regolatore. Accade nello stesso momento in cui una legge regionale sulla rigenerazione urbana rischia di agevolare cambi di destinazione d’uso anche in ambiti rurali, mettendo a rischio luoghi dedicati alla cultura. La fondazione Piccolo America ha promosso una campagna per evitare la demolizione o la trasformazione di alcune di queste sale storiche.

nuove categorie abitative e conseguenze sul tessuto sociale

Le modifiche introducono una nuova categoria definita come “abitazioni a uso ricettivo”. Questa norma, al momento senza regole precise per affitti brevi rivolti a turisti, permette di convertire interamente immobili destinati per almeno il 70% a attività ricettive in alberghi. Prevede la trasformazione in strutture alberghiere di affittacamere e case vacanze.

Il primo municipio di Roma, osservando il fenomeno, evidenzia una possibile spinta verso la “depopolazione” di alcune aree residenziali, che si troverebbero a perdere residenti stabili trasformando le abitazioni in hotel. Questo mutamento può generare un profondo cambiamento nella qualità della vita e nel funzionamento dei quartieri, aumentando i problemi legati alla vivibilità e all’identità urbana.

demolizioni, ricostruzioni e crescita verticale: scenari per il futuro dell’edilizia

La revisione dà via libera alla demolizione e ricostruzione anche per gli edifici che mantengono caratteristiche di pregio. Un tempo questa possibilità riguardava solo costruzioni prive del valore architettonico o storico, ma l’ultima versione della norma ha cancellato quella barriera. Una modifica che ha sollevato critiche da parte di cittadini e associazioni quali Carteinregola, che monitorano la tutela del paesaggio urbano.

Il piano incentiva lo sviluppo verticale degli edifici, permettendo aumenti considerevoli di cubatura. Questo sviluppo viene giustificato dal Comune come modo per limitare il consumo di suolo libero e stimolare la rigenerazione degli immobili abbandonati o da ristrutturare. Chi ha abbandonato l’edificio da almeno tre anni può ottenere una crescita del 20% della cubatura, risorse che salgono al 30% nel caso di interventi su più larga scala.

Ma queste misure rischiano di incentivare abbandoni e, al tempo stesso, impattare sull’aspetto della città con costruzioni più alte e massicce. Inoltre, è prevista la costruzione di numerosi nuovi edifici in aree definite fin dal piano del 1965, anche se poi bloccate da vincoli ambientali successivi. Piuttosto che rinunciare a questi programmi, il Comune decide di concentrarli altrove nella periferia o su terreni liberi, impegnandosi a individuare le zone dove far crescere l’edilizia.

rigenerazione affidata agli investitori e riduzione dell’edilizia sociale

Il nuovo testo appare molto orientato a creare condizioni vantaggiose per gli investitori privati. Per attrarli viene ridotta la quota di edilizia sociale richiesta dagli interventi immobiliari, che scende dal 30% al 10% della superficie totale. Oltretutto mancano regole precise sulla destinazione o assegnazione delle abitazioni sociali, elemento che potrebbe contribuire a peggiorare la situazione abitativa per le fasce più deboli.

Le nuove cubature e la possibilità di cambiare destinazioni d’uso favoriranno un incremento della popolazione residente nelle zone urbane, ma parallelamente potrebbero ridurre la quantità di spazi verdi e i servizi essenziali per la comunità. Il progetto affida il futuro della città soprattutto al mercato immobiliare, assumendo un ruolo limitato per il controllo pubblico.

Il piano regolatore resta quindi una sfida complessa per Roma, nella quale convivono esigenze di sviluppo, tutela del patrimonio, qualità della vita e capacità di gestire la crescita demografica in spazi limitati. Le scelte compiute e le tensioni generate indicano una città in movimento, dove la dimensione storica si confronta con spinte contemporanee più articolate.

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