La città di roma ha ospitato la prima marcia lesbica italiana, un evento simbolico e politico che ha attirato attiviste da tutta europa e dall’asia centrale. La dyke march ha assunto un significato particolare quest’anno, segnato dalla morte del papa e da tensioni sociali e politiche che pesano sul diritto all’autodeterminazione delle persone lgbtiq+. La manifestazione si inserisce nella rete europea della el*c, e rappresenta una risposta diretta alle pressioni della destra e a pratiche di esclusione verso lesbiche, donne e persone trans.
La scelta di roma e il significato politico della manifestazione
roma è stata selezionata come sede della dyke march per il suo ruolo simbolico nella lotta contro le correnti ultraconservatrici che si vanno rafforzando in europa. La capitale italiana doveva rappresentare una sfida diretta al rapporto tra forze di destra e gruppi neo-fondamentalisti cattolici, che minano i diritti delle donne e delle persone lgbtiq+.
Pochi giorni prima della data fissata per la marcia, la morte di papa bergoglio ha stravolto i piani. La questura della capitale ha revocato il permesso per sfilare nel centro città, vistosamente occupato dal corteo funebre. Solo in extremis è stata concessa una piazza periferica — piazza agosta — per svolgere un presidio stanziale.
Le attiviste hanno scelto di non fermarsi a questa limitazione. Dopo i comizi, migliaia di partecipanti hanno dato vita a una marcia spontanea nelle strade della città, mostrando come la protesta non si pieghi ai divieti imposti.
La dimensione internazionale e il senso di protesta oltre i confini
La dyke march ha raccolto l’eredità delle prime manifestazioni lesbiche nate negli anni ’90, ispirandosi in particolare alla marcia di washington del 1993 organizzata dalle lesbian avengers. La conferenza europea e dell’asia centrale che ha preceduto l’evento ha sottolineato come la lesbianità, oltre a un orientamento, rappresenti una posizione di dissidenza politica rispetto alle norme di genere tradizionali.
Tra le partecipanti presenti a roma sono arrivate attiviste da tutta italia, ma anche da paesi europei e regioni dell’asia centrale. La mobilitazione ha evidenziato la continuità tra lotte locali e solidarietà transnazionale, incalzando sulle politiche di repressione messe in atto in diversi stati.
Le rivendicazioni e gli slogan della dyke march a roma
I cartelli più diffusi richiamavano la solidarietà con la popolazione palestinese e denunciavano le strumentalizzazioni dei diritti lgbtiq+ per giustificare politiche di aggressione, come il genocidio in israel-palestina. L’attenzione era puntata anche sull’ungheria, dove il governo di viktor orban ha vietato i pride, e su altre zone europee orientali caratterizzate da repressione e lesbofobia di stato.
La protesta includeva anche la presenza di madri lesbiche che si oppongono alle campagne volte a difendere un modello di famiglia cristiana esclusivo, sostenuto da alcuni esponenti del governo italiano. Queste donne si sono trovate al centro della mobilitazione, opponendosi ai limiti imposti dalla società patriarcale.
Le preoccupazioni sul quadro politico europeo e internazionale
Durante l’evento sono emerse preoccupazioni per le politiche di estrema destra, soprattutto riguardanti gli attacchi ai diritti delle persone trans e alla società civile impegnata per le libertà di genere. È stata citata la presidenza trump, considerata responsabile di diffondere discriminazioni che si sono propagare anche in europa.
Si è parlato anche della situazione italiana nel contesto della direttiva europea contro le discriminazioni, che rischia di essere ritirata, aggravando la posizione di chi difende i diritti lgbtiq+.
Non è un caso che la prima dyke march italiana si sia svolta nel 2025 proprio a roma, a segnare la resistenza contro questo clima di esclusione e controllo sociale crescente. La manifestazione ha dimostrato una volontà forte di affrontare queste sfide, rifiutando di limitare lo spazio politico e culturale dedicato alle lotte lesbiche e transfemministe.