San Luigi de' Francesi: il restauro della macchina delle Quarant'ore riporta alla luce un patrimonio storico

San Luigi de’ Francesi: il restauro della macchina delle Quarant’ore riporta alla luce un patrimonio storico

Il restauro della macchina delle Quarant’ore nella chiesa di San Luigi de’ Francesi a Roma riporta alla luce una tradizione liturgica barocca, arricchita da moderne tecnologie di illuminazione.
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San Luigi de' Francesi: il restauro della macchina delle Quarant'ore riporta alla luce un patrimonio storico - Gaeta.it

La chiesa di San Luigi de’ Francesi, in Roma, ha recentemente fatto un passo verso il suo prestigioso passato grazie al restauro della macchina delle Quarant’ore. Questo straordinario dispositivo, che inonda l’interno della chiesa di luce, ha rivisitato la propria funzione liturgica con l’introduzione di una moderna illuminazione. Il progetto, curato da Marco Frascarolo, designer della luce e ingegnere, ha reso omaggio alla tradizione arricchendo l’architettura religiosa con una nuova dimensione di splendore.

Riscoperta e restauro della macchina delle Quarant’ore

Fra Renaud Escande, amministratore dei Pii Stabilimenti della Francia, ha spiegato come è avvenuta la riscoperta della macchina. “Dopo l’incendio di Notre Dame de Paris“, racconta, “abbiamo inviato pompieri a controllare tutte le chiese francesi, anche a Roma”. Durante queste operazioni, i pompieri hanno notato qualcosa di speciale in soffitta. “Abbiamo trovato delle travi di legno con tracce di pittura, che stavamo per bruciare. Ma, dopo investigazioni, ci siamo resi conto che si trattava di una macchina delle Quarant’ore.”

Questa macchina, simbolo del patrimonio liturgico del periodo barocco, è ora tornata al suo splendore, ripristinando il culto che aveva tanto significato per la comunità. “Tradizionalmente, le macchine delle Quarant’ore si accendono per l’adorazione dell’Eucarestia. Restano accese dal Giovedì Santo per quaranta ore, il tempo che Gesù ha passato nel sepolcro prima della resurrezione”, chiarisce Fra Renaud.

Dimensioni e caratteristiche del dispositivo

Non si tratta di una macchina nel senso classico ma di un complesso apparato costruito con tavole e travi di legno, progettato per esaltare il Santissimo Sacramento durante la liturgia delle Quarant’ore. La nuova macchina, che si erge maestosa sull’altare maggiore della chiesa, raggiunge i dodici metri di altezza. In passato, era ornata da quasi 300 candele, oggi sostituite con moderne candele LED per garantire maggiore sicurezza.

“La luce che emette è davvero sorprendente”, spiega Fra Renaud. “Si presenta come un autentico muro di luce, creando un’atmosfera di sacralità intorno a Gesù. È fondamentale riportare alla luce la liturgia delle Quarantore, un’importante tradizione che rischiava di essere dimenticata.”

Innovazioni tecnologiche nella gestione della luce

Marco Frascarolo, responsabile della progettazione, descrive la macchina come “un attrezzo magico, simile a una scenografia teatrale”. Le candele LED, gestite attraverso un sistema domotico, permettono un’accensione graduale e realistica, riproducendo le fluttuazioni delle fiamme reali. Questo è stato fatto in conformità alle normative di sicurezza e alla tutela dei beni culturali, senza compromettere l’aspetto storico e artistico.

Il sistema di illuminazione è stato sviluppato in collaborazione con Federico Ognibene e sarà integrato nel nuovo impianto luminoso inaugurato nel gennaio 2025. La macchina è composta da 27 pannelli di abete, dotati di porta-ceri cilindrici, dai 5 agli 11, e un tronetto centrale per l’esposizione eucaristica, uno degli oggetti rinvenuti.

Aspetti artistici e storici della macchina

Dal punto di vista artistico, la tecnica pittorica della macchina è eseguita con colori legati a colla animale, un metodo che si utilizza ancora oggi nei teatri d’Opera. Questa scelta artistica, si nota nella costruzione e decorazione della macchina, riflette l’intento di creare un efficace apparato scenografico in tempi rapidi.

La datazione della macchina non è semplice, ma Fra Renaud sottolinea che, basandosi sugli elementi di costruzione e sui chiodi utilizzati, si ritiene che possa risalire agli inizi dell’Ottocento, confermando che si tratta di una riproduzione postuma e non di un originale barocco. La riscoperta e il restauro di questo importante elemento del patrimonio liturgico non sono solo una vittoria per la storia, ma un modo per riattivare una tradizione che unisce la comunità nel suo patrimonio culturale e spirituale.

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