Le indagini condotte dai Carabinieri di Palermo rivelano un caso inquietante di mala sanità locale, in cui un’assistente sociale è stata arrestata per presunti omicidi. La donna, conosciuta come Paolina, somministrava ai suoi assistiti un mix letale di farmaci, portando alcuni pazienti, compresa un’anziana di nome Imelda Stevan, alla morte. Questo caso ha sollevato un allarmante dibattito sulla sicurezza e sull’etica dei professionisti incaricati della cura degli anziani.
La scoperta del misfatto
Le indagini sono scattate quando i Carabinieri hanno cominciato a ricevere segnalazioni su un’attività sospetta legata all’assistente sociale. Negli ultimi mesi, Paolina aveva ricevuto una quantità anomala di farmaci da diverse farmacie della zona. Attraverso approfondite verifiche, le forze dell’ordine hanno accertato che la 46enne aveva presentato fotocopie di ricette in bianco, dichiarando di avere già gli originali. Questo comportamento ha sollevato sospetti e ha portato ad un controllo sistematico di ben 25 farmacie.
Nei mesi precedenti, Paolina aveva acquistato un numero sorprendente di confezioni di Xanax, ben 272, e i Carabinieri hanno notato un pattern di acquisti anomali che ha fatto scattare l’allerta. Le indagini hanno rivelato che la donna somministrava ai suoi assistiti ingenti dosi di una combinazione di Tavor, Xanax e Lorazepam, provocando in alcuni casi uno stato di semi incoscienza. Questa pratica ha avuto conseguenze devastanti, culminando nel tragico decesso di Imelda Stevan.
La metodologia di somministrazione dei farmaci
La strategia adottata da Paolina era chiaramente studiata per mascherare le sue intenzioni. Sfruttando la sua posizione di fiducia come assistente sociale, riusciva a convincere le famiglie degli anziani della necessità di un’intensa somministrazione di farmaci. Questa situazione ha messo sotto i riflettori non solo la disonestà della donna, ma anche le vulnerabilità del sistema sanitario e delle misure di controllo.
Le modalità di somministrazione dei farmaci erano aggravate dall’assenza di supervisione adeguata. Gli anziani, spesso già fragili e con diverse patologie, venivano sottoposti a un cocktail letale di medicinali, senza che nessuno si accorgesse del rischio grave cui venivano esposti. In molti casi, i familiari non erano informati delle dosi elevate e dei farmaci prescritti, rendendo la situazione ancora più preoccupante.
Le reazioni della comunità e del sistema sanitario
La notizia dell’arresto di Paolina ha suscitato indignazione e preoccupazione tra i cittadini di Palermo. Molti genitori e figli di anziani assistiti si sono sentiti traditi dalla persona a cui avevano affidato la salute dei propri cari. Gli esperti in materia di salute pubblica hanno sollevato interrogativi sull’efficacia dei controlli nelle strutture sociorisparmiose e sugli standard di vigilanza rispetto alla somministrazione di farmaci, evidenziando l’urgenza di un intervento normativo.
Le istituzioni sanitarie locali hanno annunciato l’apertura di un’indagine interna per capire come sia stato possibile che una situazione così grave si sia protratta nel tempo senza essere scoperta. Si prevede che il caso di Paolina possa portare a una revisione delle procedure di monitoraggio e controllo nei servizi rivolti agli anziani, al fine di prevenire simili abusi in futuro.
Il destino di Paolina e il futuro dei servizi assistenziali a Palermo rimangono incerti, ma una cosa è chiara: questo caso ha messo in luce le falle di un sistema che deve assolutamente garantire sicurezza e protezione ai più vulnerabili.
Ultimo aggiornamento il 21 Dicembre 2024 da Armando Proietti