A Napoli, la polemica riguardante la celebrazione della Messa in latino sta raggiungendo vertici significativi tra i sostenitori del rito antico e la Curia locale. Dopo il decreto dell’arcivescovo Domenico Battaglia, in programma per diventare cardinale il prossimo 7 dicembre, è emerso un conflitto riguardante il divieto delle celebrazioni in rito preconciliare. Questo provvedimento ha creato forte malcontento tra i fedeli, trasformando la gestione di questo aspetto della liturgia in un tema caldo di discussione.
Il decreto e la petizione dei fedeli
Il decreto del 10 maggio scorso ha suscitato reazioni tra i seguaci del rito antico, che lo considerano una limitazione della loro libertà di culto. In risposta, un gruppo di fedeli ha avviato una petizione che ha già raccolto 250 firme, indirizzandola ai vertici ecclesiali, tra cui l’arcivescovo Battaglia e il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Queste firme rappresentano una richiesta di dialogo e una revisione del decreto, sulla base di una maggiore apertura nei confronti del motu proprio Traditionis Custodes, il documento di Papa Francesco che ha riformato le pratiche liturgiche legate al rito antico.
Per sostenere le loro argomentazioni, i firmatari hanno organizzato un incontro a cui parteciperanno teologi, canonisti e studiosi. Questo evento si terrà in un albergo del centro di Napoli e mira a sollecitare una riflessione profonda sulle modalità di celebrazione del rito antico e sull’importanza di non relegarlo a un ruolo marginale all’interno della comunità cattolica partenopea.
Il parere del teologo Nicola Bux
Durante il convegno, interverrà anche monsignor Nicola Bux, noto teologo e già consigliere di Papa Benedetto XVI. La sua partecipazione è significativa, poiché Bux ha ripercorso le radici di questa controversia, chiarendo il contesto storico del motu proprio Summorum Pontificum del 2007. All’epoca, Benedetto XVI aveva dato maggiore libertà per la celebrazione del rito antico, riconoscendo la necessità di preservare alcune tradizioni liturgiche che il nuovo rito non era riuscito a soddisfare pienamente.
Bux ha espresso il suo parere sulla situazione attuale, sottolineando che il Traditionis Custodes, pur non abolendo il rito antico, ha introdotto restrizioni significative, come la necessità di un’autorizzazione per i nuovi celebranti e la limitazione delle celebrazioni dentro le parrocchie. Secondo lui, l’applicazione a Napoli di queste regole appare troppo severa, considerando la grande dimensione della città, dove una sola celebrazione in latino difficilmente può rispondere alle esigenze dei fedeli.
La crisi delle vocazioni e le prospettive future
Un altro punto toccato da Bux riguarda la crisi delle vocazioni religiose e la diminuzione della partecipazione alla vita ecclesiale, problemi che egli attrae a una perdita di identità sia sacerdotale sia liturgica. Secondo le sue osservazioni, l’allontanamento dalla tradizione liturgica potrebbe contribuire a un abbassamento dell’attrattiva della Chiesa, facendo sì che alcuni fedeli si rivolgano a pratiche alternative, sporadicamente riesumate da nuovi movimenti religiosi.
La questione torna a porsi in modo centrale considerando una ricerca condotta dalla Doxa, la quale ha suggerito che la celebrazione della Messa in latino potrebbe riportare in chiesa un bacino di quasi due milioni di persone. Questo dato cozza con la resistenza mostrata dalla Curia alla celebrazione delle liturgie più tradizionali, sollecitando riflessioni sulle modalità di coinvolgimento dei fedeli nella vita ecclesiale.
Recenti indagini, come quella del Censis, confermano che vi è un significativo interesse verso il rito latino, stimando che quasi tre milioni di persone potrebbero trovare attrattiva in queste celebrazioni. Queste evidenze pongono interrogativi sulle strategie da intraprendere per facilitare il ritorno delle masse verso la tradizione cattolica.
Lo scontro attuale segnala la necessità di un dialogo aperto per cercare compromessi e soluzioni capaci di soddisfare le istanze dei credenti, affinché la diversità delle pratiche liturgiche possa arricchire invece di dividere la comunità.
Ultimo aggiornamento il 21 Novembre 2024 da Elisabetta Cina