Una nuova scoperta archeologica a Castellammare di Stabia sta attirando l’attenzione degli studiosi e degli appassionati di storia. I resti di un vecchio mulino, considerato tra i più antichi della zona, sono stati rinvenuti nei pressi del Palazzo Reale di Quisisana. La notizia è stata comunicata da Vincenzo Esposito, presidente dell’Archeoclub d’Italia della città. Questi resti offrono un’importante opportunità per approfondire le conoscenze sulla storia locale e sulla tradizione medievale.
La scoperta storica: dettagli e importanza
La scoperta è avvenuta grazie a una dettagliata mappa risalente al 1790 che ha permesso di identificare la presenza di un mulino in un’area storica di grande rilevanza. Esposito ha evidenziato quanto sia fondamentale questo ritrovamento, affermando che quel mulino potrebbe essere il più antico tra quelli accertati nella città. La struttura presenta due arcate di forme diverse, un dettaglio che testimonia la sua esistenza prima della data riportata sulla mappa. Questo elemento è cruciale per ricostruire non solo la storia del mulino stesso, ma anche il contesto urbano e idrologico di Castellammare di Stabia nel passato.
Il mulino era alimentato da un acquedotto antico risalente al 1318, il cui utilizzo era stato originariamente concesso da Roberto d’Angiò a un monastero locale. Questa connessione diretta all’acqua è una chiave fondamentale per comprendere non solo le pratiche di approvvigionamento idrico dell’epoca, ma anche le interazioni tra le istituzioni locali e le risorse naturali.
Il significato dell’acquedotto e le testimonianze letterarie
Massimo Santaniello, un socio fondatore dell’Archeoclub, ha aggiunto ulteriori dettagli sulle implicazioni della scoperta. Secondo Santaniello, il ritrovamento del mulino permette di ricostruire il percorso del primo acquedotto che riforniva il Palazzo Reale. Questa informazione è di grande importanza per capire le modalità di approvvigionamento e gestione delle risorse idriche nel passato di Castellammare.
Oltre ai riscontri archeologici, Santaniello ha sottolineato l’importanza delle testimonianze storiche, come quelle presenti nelle opere di Giovanni Boccaccio. Nella sesta novella del “Decameron”, ambientata nella dimora di Quisisana, si fa riferimento a peschiere, cioè vasche utilizzate per l’allevamento di pesci che richiedevano acqua in movimento. Queste informazioni indicano che l’acquedotto potrebbe essere datato precedentemente all’epoca angioina, mentre il mulino risale probabilmente all’epoca alto medievale.
L’importanza della ricerca archeologica a Castellammare di Stabia
La scoperta del mulino rappresenta un passo significativo nel campo della ricerca storica e archeologica a Castellammare di Stabia. Il lavoro condotto dall’Archeoclub e da altri gruppi di studio è essenziale per valorizzare il patrimonio culturale della regione. La città, ricca di storia, conserva ancora molti misteri e aspetti da approfondire. Queste ricerche non solo illuminano il passato, ma offrono anche spunti per il futuro nel modo in cui la comunità può interagire con il proprio patrimonio.
Oggi più che mai, è cruciale preservare e documentare queste scoperte per continuare a raccontare la storia della città. Ogni ritrovamento, come quello del mulino, contribuisce a costruire un quadro più chiaro non solo della vita quotidiana dei nostri antenati, ma anche delle trasformazioni sociali e economiche che hanno caratterizzato Castellammare nel corso dei secoli. La speranza è che queste informazioni possano stimolare l’interesse e il rispetto per il patrimonio storico, non solo tra i residenti, ma anche tra i visitatori.