Un’inchiesta della Procura di Salerno ha svelato un vasto sistema di richieste fittizie di nulla osta al lavoro, che avrebbe coinvolto circa 2.000 pratiche e altrettanti extracomunitari pronti a pagare fino a 7.000 euro per ottenere l’accesso al mercato del lavoro italiano. L’operazione, che ha suscitato l’attenzione della premier Giorgia Meloni, è l’epilogo di un’indagine che evidenzia l’esistenza di attività illecite legate alla gestione dei flussi migratori, un settore vulnerabile allo sfruttamento criminale. Tra i 36 arrestati, compare anche Nicola Salvati, ex vicesindaco di Poggiomarino, il quale è stato rimosso immediatamente dalla carica di tesoriere del Pd regionale.
La crescita delle richieste di nulla osta al lavoro in Campania
Il quadro dell’immigrazione nella regione Campania è emerso ancora più chiaramente nel 2024, con il 32,8% delle domande di lavoro extra Ue provenienti proprio da questa zona. Secondo dati pubblicati dal Sole 24 Ore, durante i click day di marzo, il numero di richieste ha superato quello di regioni più industrializzate, come la Lombardia, che ha registrato solo il 10,7% delle domande. Questo fenomeno è particolarmente significativo considerando il tasso di disoccupazione del 18% in Campania, a fronte di un sistema imprenditoriale che conta circa 600.000 aziende.
In effetti, le province di Napoli, Caserta e Salerno hanno richiesto un numero di lavoratori stranieri superiore a quello di aree metropolitane come Roma e Milano. Questa situazione ha spinto Giorgia Meloni a rivolgersi all’Antimafia, denunciando la necessità di rivedere le regole relative ai flussi di lavoratori extra Ue, portando a un decreto legge convertito a novembre. L’inchiesta è quindi scaturita da un bisogno urgente di regolamentare il settore, affinché non diventi un terreno fertile per attività sporche e sfruttamento.
I contorni dell’associazione a delinquere
Il blitz condotto da Guardia di Finanza e Carabinieri si è manifestato come risultato di indagini approfondite avviate dai pubblici ministeri Francesca Fittipaldi e Claudia D’Alitto, insieme all’aggiunto Luigi Cannavale. Sono stati rinvenuti gli elementi per configurare una vera e propria associazione a delinquere, costituita da una rete di professionisti, datori di lavoro e funzionari pubblici che collaboravano per facilitare l’ingresso illegale di extracomunitari attraverso pratiche burocratiche false.
Le accuse contro i soggetti coinvolti comprendono associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione, falso in atto pubblico e autoriciclaggio. L’operazione ha evidenziato quanto sia intricata la rete di complicità che ha permesso un’operazione di questa portata, dove professionisti del settore, pubblici ufficiali e imprenditori si sono consolidati in un’unica organizzazione impenetrabile.
Un giro di affari illecito e false fatturazioni
Secondo il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, l’inchiesta rappresenta un’importante chiave per comprendere gli intrighi legati al malaffare nell’immigrazione. Si stima che il volume di affari illeciti generato avrebbe raggiunto diverse milioni di euro. L’associazione criminale ha operato elaborando un sistema attraverso il quale agli immigrati venivano richiesti pagamenti in più fasi: mille euro per la presentazione della domanda, 2.000 euro per il nulla osta, ulteriori 2.000 euro per il visto e un’ulteriore somma per contratti fittizi.
E non solo: anche i dipendenti degli Ispettorati territoriali del lavoro e i funzionari dei patronati sarebbero stati coinvolti, ricevendo circa 800 euro in cambio della loro collaborazione. La gestione di pagamenti e la creazione di false fatture hanno creato un meccanismo che ha portato a decreti di sequestro di somme di denaro da parte della magistratura.
Il coinvolgimento politico e il ruolo di Salvati
Al centro del dibattito politico attuale vi è il nome di Nicola Salvati, che secondo le indagini avrebbe avuto un ruolo cruciale nell’organizzazione. Insieme al padre Giovanni, titolare di uno studio di commercialisti, Salvati avrebbe fornito supporto per la produzione di documentazione falsa necessaria per le pratiche di immigrazione. Secondo le intercettazioni, la sua collaborazione si estendeva a fornire indicazioni ai datori di lavoro su come “correggere” la documentazione, il che dimostra un atteggiamento proattivo e sistematico nel favorire attività illecite.
Le informazioni riportate nel dossier degli inquirenti descrivono un vasto sistema di complicità e di illegalità che ha coinvolto sia il settore pubblico sia privato. L’inchiesta ha il potenziale di riaprire importanti questioni legate alla trasparenza e all’integrità delle istituzioni in Italia, ponendo interrogativi sul futuro della governance in ambito migratorio e su come affrontare situazioni analoghe in un contesto più ampio.
Ultimo aggiornamento il 4 Febbraio 2025 da Armando Proietti