Sentenza di assoluzione per l'incidente mortale a Ivrea: un legale dibattito sul nesso causale

Sentenza di assoluzione per l’incidente mortale a Ivrea: un legale dibattito sul nesso causale

Il Tribunale di Ivrea assolve Fabrizio Silva dall’accusa di omicidio colposo per l’incidente che ha causato la morte di Bruna Bergamasco, evidenziando l’assenza di un nesso causale diretto.
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Sentenza di assoluzione per l'incidente mortale a Ivrea: un legale dibattito sul nesso causale - Gaeta.it

La sentenza emessa oggi dal Tribunale di Ivrea chiude una controversa vicenda legale che ha avuto inizio il 24 dicembre 2020, coinvolgendo un incidente fatale in una fase di emergenza sanitaria. Fabrizio Silva, 62 anni, è stato assolto da tutte le accuse relative all’investimento di Bruna Bergamasco, 85 anni, avvenuto mentre l’anziana stava attraversando sulle strisce pedonali. La decisione del giudice Stefania Cugge ha evidenziato l’assenza di un nesso causale tra l’incidente e la successiva morte della vittima.

Dettagli del caso e le circostanze fatali

Il drammatico evento risale a quattro anni fa, in un contesto sanitario estremamente grave. Silva ha investito Bruna Bergamasco con la sua Ford Puma mentre quest’ultima attraversava nel centro di Ivrea. L’impatto non è stato descritto come violento dai testimoni e dai consulenti in aula. Tuttavia, le conseguenze sono state tragiche: la donna ha riportato una frattura cervicale, che ha richiesto un ricovero d’urgenza. La condizione di salute di Bruna è rapidamente peggiorata, complicata dalla positività al Covid-19 riscontrata pochi giorni dopo. Ventitre giorni dopo l’incidente, l’anziana è deceduta.

Questo incantevole capitolo giuridico ha visto in primo piano le evidenze mediche, con posizioni contrapposte relative alla causa della morte. La vicenda ha sollevato interrogativi complessi nella sfera legale: si può attribuire la responsabilità penale a un guidatore in situazioni così intricate, dove la malattia gioca un ruolo cruciale?

Le posizioni dei medici legali e la tesi difensiva

In aula si sono presentate due letture differenti delle cause del decesso della Bergamasco. Da un lato, il medico legale Silvana Temi ha affermato che le lesioni riportate hanno significativamente compromesso le difese immunitarie dell’anziana. Secondo la testimonianza della Temi, il trauma alla colonna vertebrale ha reso Bruna particolarmente vulnerabile al virus, che ha causato la sua morte. La sua argomentazione ha messo in evidenza la relazione tra l’incidente e la debolezza del sistema immunitario della donna.

Dalla parte opposta, il consulente della difesa, dottor Lorenzo Varetto, ha sostenuto che le lesioni non avevano un impatto determinante sul decorso clinico legato al Covid. Secondo Varetto, la vittima possedeva tuttora un certo grado di autonomia e poteva respirare senza assistenza. Ha aggiunto che le complicazioni attribuibili all’infezione avrebbero potuto verificarsi anche in pazienti non coinvolti in incidenti automobilistici. Questa narrazione ha spinto la difesa a concludere che le lesioni riportate da Bruna non sono state un fattore diretto nella sua morte.

La decisione del Tribunale e le implicazioni legali

Il giudice Stefania Cugge ha accolto la linea difensiva, stabilendo che il fatto non sussiste. La sentenza ha escluso l’automaticità della responsabilità legale da parte del guidatore, chiarendo che non esisteva un nesso causale diretto tra l’incidente e la morte della donna. Il giudice ha osservato che anche in assenza di lesioni, la signora avrebbe potuto subire lo stesso destino, citando l’incertezza medica presente nel caso.

Nei dibattimenti precedenti, la Procura aveva inizialmente chiesto una pena di un anno di reclusione per Silva; tuttavia, il reato contestato era solo procedibile con querela, e in questo caso non era stata presentata. Gli eredi di Bruna Bergamasco, d’altronde, hanno rinunciato a qualsiasi azione legale, sancendo la chiusura di un dramma giudiziario.

Riflessioni sulla fragilità e sulle responsabilità in una situazione critica

La vicenda di Bruna Bergamasco rimane un capitolo doloroso della cronaca recente, collocandosi in un contesto già segnato dalla pandemia e dalla vulnerabilità degli individui più fragili. Questo caso mette in luce il delicato equilibrio tra responsabilità legali e le dure realtà della vita. Accanto al dolore della perdita di una vita umana, si pongono interrogativi su come la giustizia possa affrontare casi così complessi, dove la malattia si intreccia con responsabilità legali che non possono fondarsi su mere supposizioni emotive. La sentenza finale del Tribunale di Ivrea sottolinea il principio che la responsabilità penale deve sempre basarsi su evidenze concrete e prove chiare, evitando sentenze che si fondano su interpretazioni soggettive.

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