L’operazione della Guardia di Finanza di Napoli ha messo a segno un importante colpo contro la criminalità organizzata, sequestrando 2,7 milioni di euro all’imprenditore Adolfo Greco. Attualmente sotto processo a Santa Maria Capua Vetere, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Greco è ritenuto in contatto con il clan dei Casalesi. La denuncia e il successivo sequestro evidenziano la connessione tra business legittimi e reti mafiose, sollevando interrogativi sulla trasparenza delle operazioni commerciali in Campania.
Il processo e le accuse nei confronti di Adolfo Greco
Dettagli sulle accuse
Adolfo Greco è accusato di aver fornito assistenza logisticamente e operativa alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi, un gruppo mafioso attivo nella regione. Secondo quanto sostenuto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Greco avrebbe esercitato pressioni su un’azienda lattiero-casearia, inducendola a revocare una concessione di distribuzione esclusiva dei propri prodotti. Questa concessione, un tempo assegnata a un’azienda legata ai Casalesi, sarebbe stata riassegnata a una nuova società, giudicata collaterale agli interessi della stessa organizzazione mafiosa.
Le dichiarazioni di Greco
In risposta alle accuse, l’imprenditore ha argomentato che i 2,7 milioni di euro sequestrati rappresenterebbero i risultati di anni di risparmi e di evasioni fiscali. Durante gli interrogatori, ha sostenuto di avere accumulato tali somme grazie all’attività imprenditoriale, senza alcun legame con attività illecite. Tali dichiarazioni, però, sono state sottoposte a scrutinio da parte degli inquirenti, che hanno messo in luce notevoli contraddizioni.
Le indagini e le scoperte della Guardia di Finanza
Sproporzione tra redditi dichiarati e patrimonio
Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza hanno rivelato una marcata dissonanza tra le somme sequestrate e i redditi ufficialmente dichiarati da Greco e dalla sua famiglia nel periodo compreso tra il 2003 e il 2017. Questo scarto ha portato gli investigatori a considerare i 2,7 milioni di euro non solo come risparmi accumulati, ma come possibili proventi derivati da attività illegali, spingendo l’autorità giudiziaria ad intraprendere ulteriori azioni.
Il sequestro e le implicazioni legali
Alla luce delle evidenze emerse, la Procura di Napoli ha richiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari il sequestro dell’ammontare totale di 2,7 milioni di euro, già sottoposto a vincolo durante il processo in corso. Questa decisione segna un passo significativo nella lotta contro la criminalità organizzata e rappresenta un chiaro messaggio di intolleranza nei confronti dell’evasione fiscale e del finanziamento delle mafie.