Un impianto abusivo per la gestione dei rifiuti di grandi dimensioni è stato sequestrato nel territorio anconetano. Le operazioni, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Ancona, hanno coinvolto diverse città di quattro regioni d’Italia. Le indagini hanno rivelato un traffico illecito di rifiuti misti, che ha portato allo smaltimento irregolare di materiali di varia natura, tra cui sfalci, potature, plastica e inerti da demolizioni.
Il sequestro dell’impianto e le dimensioni dell’area interessata
L’operazione ha portato al sequestro probatorio e preventivo d’urgenza di un impianto abusivo che si estende su una superficie di circa 35mila metri quadrati. All’interno di quest’area sono stati stoccati e gestiti illecitamente circa 60mila metri cubi di rifiuti. Questa quantità evidenzia la portata significativa del fenomeno e la capacità del sito di accumulare rifiuti pericolosi senza alcuna autorizzazione.
Le autorità hanno rilevato che il materiale accumulato includeva sfalci e potature provenienti dalla manutenzione del verde pubblico e privato, mischiati con altre tipologie di rifiuti come plastica, ferro, sabbia, oltre a inerti derivati da demolizioni e attività edili. Ulteriori carichi provenivano dalla pulizia del litorale marchigiano.
Coinvolgimento delle fonti di rifiuti e ipotesi di reato
Quest’ultima circostanza sottolinea il coinvolgimento di diverse fonti nell’approvvigionamento dei rifiuti. La Procura ha ipotizzato il reato di realizzazione di una discarica abusiva, poiché l’area non godeva di alcuna autorizzazione per l’attività svolta.
Modalità operative e coinvolgimento delle forze dell’ordine in diverse province
L’azione è stata il frutto di quasi due anni di indagini guidate dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Ancona. Il Noe ha collaborato con le sedi di Brescia, Bologna, Perugia e Bari e ha ricevuto supporto dal Comando provinciale di Ancona, dalla compagnia di Osimo e dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche.
Le perquisizioni hanno interessato sei province differenti: Ancona, Rimini, Mantova, Modena, Ravenna e Foggia. Questo ha confermato la vasta rete territoriale coinvolta nell’attività illecita di gestione e smaltimento rifiuti. Durante l’operazione sono stati contestati reati ambientali, ma anche violazioni in ambito edilizio e paesaggistico, dato che l’area interessata era soggetta a vincoli per la tutela del territorio.
Accuse aggiuntive e indagini su dipendenti pubblici
Le accuse si sono estese inoltre a reati contro la pubblica amministrazione, tra cui frode nelle pubbliche forniture, truffa ai danni dello Stato e falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali. Alcuni dipendenti di enti locali risultano sotto indagine per aver favorito, in modo diretto o indiretto, la gestione abusiva del sito.
Il meccanismo illecito e l’impatto sulla filiera dei rifiuti verdi
Secondo l’inchiesta, un numero elevato di imprenditori impegnati nella manutenzione del verde riceveva la garanzia di smaltire sfalci e altri rifiuti senza controlli adeguati. Il conferimento avveniva a prezzi inferiori rispetto ai canali ufficiali, creando così una competizione illegale nel mercato del servizio di raccolta e smaltimento.
I rifiuti vegetali, dopo essere stati triturati e sottoposti a cippatura, venivano destinati a impianti per la produzione di energia elettrica da biomassa o inviati alla filiera per la produzione di ammendante compostato verde. Quest’ultimo è un prodotto agricolo utilizzato come fertilizzante.
L’operazione evidenzia che la filiera operava senza titoli autorizzativi che ne consentissero la regolamentazione, con evidenti rischi ambientali e sanitari. Gli operatori si sottraevano alle responsabilità legate al corretto smaltimento e al trattamento dei rifiuti, aggirando norme che presidiano la qualità del suolo e la tutela degli ecosistemi.
L’operazione mette in luce un sistema che ha messo a rischio vaste aree ambientali e ha causato perdite economiche significative per le pubbliche amministrazioni e le imprese che rispettano la legge. Le indagini proseguono per chiarire tutti i ruoli e le responsabilità delle persone coinvolte, puntando a interrompere un circuito illecito molto radicato nel territorio.