La Procura di Reggio Calabria ha deciso di sequestrare 130 opere delle 170 previste per la mostra “Pop to Street Art: Influences“. Questo evento, organizzato dall’Accademia di Belle Arti, chiude quindi i battenti in anticipo. La decisione della magistratura si inserisce in un contesto di indagini, pur non essendo correlata ad un caso simile avvenuto a Pisa che ha portato al sequestro di 2.100 opere per presunti falsi. La situazione ha suscitato un grande interesse, alimentato dai pochi dettagli forniti riguardo all’indagine in corso.
Dettagli sul sequestro delle opere d’arte
Il sequestro di gran parte delle opere esposte ha creato una situazione di incertezza sia per l’organizzazione che per il pubblico. L’Accademia di Belle Arti, una delle principali istituzioni culturali a Reggio Calabria, ha comunicato che la mostra, inaugurata lo scorso 20 luglio, avrebbe dovuto prolungarsi fino al 5 gennaio 2025. Le opere, tra disegni, manifesti, litografie e serigrafie, rappresentano un importante passo nella comprensione dell’influenza della Pop Art sulla Street Art. Tuttavia, ora il futuro di queste opere è messo in discussione.
Il sequestro è stato effettuato nell’ambito di un’indagine che, purtroppo, non è stata approfondita dai rappresentanti della Procura, lasciando spazio a speculazioni. L’ipotesi che circola è che ci siano sospetti riguardo all’autenticità delle opere. Le autorità indagano per capire se si tratti di falsi e in quale misura possa essere coinvolta l’Accademia. Questo ha portato la direzione dell’Accademia a chiarire la propria posizione e a opporsi a qualsiasi accusa.
La posizione dell’Accademia di Belle Arti
Piero Sacchetti, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, ha reagito all’avvenimento con un comunicato in cui esprime il dispiacere per il clima di incertezza che ha colpito l’istituzione. Ha fatto sapere che, secondo i documenti disponibili e le fonti interne, non ci sono legami tra il sequestro delle opere di Reggio Calabria e l’operazione “Cariatide” condotta dalla Procura di Pisa. Sacchetti ha sottolineato che i media non dovrebbero equiparare i due eventi, poiché ciò potrebbe danneggiare la reputazione dell’Accademia.
In aggiunta, il direttore ha confermato che ogni opera esposta dispone di un certificato di originalità, indicando chiaramente il rigore con cui sono state gestite le opere in mostra. Ogni pezzo è stato infatti assicurato per un valore di 2 milioni di euro, coprendo eventuali danni o controversie. La collaborazione con il curatore Jean-Christophe Hubert è stata coordinata per garantire che la mostra rispondesse a standard elevati di autenticità e valore artistico.
Le indagini delle autorità competenti
A seguito del sequestro, i Carabinieri hanno annunciato ulteriori accertamenti. L’Accademia ha dichiarato la propria disponibilità a collaborare pienamente con le autorità inquirenti, nella speranza di chiarire la situazione. Sacchetti ha chiarito che la scuola intende proteggere la propria immagine e quella degli artisti coinvolti, agendo nei modi appropriati per dimostrare la correttezza delle proprie operazioni.
Il fatto che il sequestro non sia connesso all’operazione di Pisa è un elemento che il direttore ha voluto mettere in evidenza, per dissipare eventuali malintesi. Sacchetti ha rimarcato che qualora venisse confermata l’ipotesi di falsificazione, l’Accademia non sarebbe responsabile. È importante ora attendere gli sviluppi dell’inchiesta per comprendere meglio la situazione e l’effettivo stato delle opere d’arte sequestrate, che continuano a suscitare l’interesse di esperti e curiosi.
La chiusura anticipata della mostra segna un momento difficile per l’Accademia di Belle Arti, che aveva puntato sull’evento per promuovere la propria offerta culturale e formativa nel settore artistico.
Ultimo aggiornamento il 27 Novembre 2024 da Donatella Ercolano