La casa circondariale di San Vittore a Milano, il carcere più affollato d’Italia, affronta una crisi senza precedenti. Con oltre 1.000 detenuti a fronte di una capienza di soli 450 posti, la situazione è stata definita “insostenibile” dal senatore Tino Magni, che ha partecipato a una visita della struttura. La delegazione ha incluso avvocati e altri rappresentanti politici, venuti a prendere atto di una realtà che desta preoccupazione e indignazione.
Condizioni di sovraffollamento e problematiche socio-sanitarie
Un carcere affollato oltre il limite
Al momento, il carcere di San Vittore ospita 1.020 uomini e 80 donne, comprese 8 madri. Questo sovraffollamento crea un ambiente in cui le condizioni di vita sono gravi e non rispettano i diritti dei detenuti. La visita ha messo in evidenza un dato allarmante: 650 dei detenuti presenti soffrono di dipendenze, mentre 262 sono in trattamento psichiatrico. Inoltre, 25 detenuti risultano a rischio suicidio, evidenziando la necessità di un intervento urgente per garantire la salute mentale e fisica dei reclusi.
L’età media dei detenuti è di circa 40 anni, ma sempre più giovani al di sotto dei 25 anni stanno entrando nel sistema penitenziario. La pressione all’interno della struttura si fa sentire non solo in termini di spazio, ma anche di risorse e attenzione necessaria per affrontare la complessità dei bisogni dei detenuti. La situazione mette in discussione la capacità del sistema carcerario di assolvere al fine rieducativo previsto dall’articolo 27 della Costituzione.
Le richieste di riforma
Durante la visita, Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, ha ribadito l’importanza della riforma carceraria. “La risposta dello Stato deve rispettare i principi costituzionali”, ha affermato, sottolineando che gli sforzi del decreto legge carceri sono un inizio positivo, ma non sufficiente. La situazione richiede un maggiore coraggio e visione nella politica penitenziaria, affinché si possa garantire un trattamento umano ai detenuti.
Anche Valentina Alberta, presidente della Camera penale di Milano, si è unita all’appello. Ha richiamato l’attenzione sull’importanza di migliorare le condizioni di detenzione per evitare che la pena diventi un fattore di recidiva. Secondo Alberta, un ambiente di detenzione inadeguato non solo compromette il benessere dei detenuti, ma mina anche gli obiettivi rieducativi che il sistema dovrebbe perseguire.
Investimenti e misure correttive
Il piano di investimento del governo
Il senatore Magni e altri rappresentanti politici hanno evidenziato l’importanza degli investimenti previsti dal governo Meloni per affrontare il problema del sovraffollamento. Sono stati annunciati 6 milioni di euro per la ristrutturazione di due reparti della casa circondariale di San Vittore. Questo intervento non solo mira a migliorare le condizioni strutturali del carcere, ma anche a ridurre la densità di popolazione, rendendo l’ambiente di detenzione più dignitoso.
Oltre a questo, il decreto carceri prevede che i detenuti tossicodipendenti possano scontare la pena in comunità. Si tratta di un passo significativo per affrontare il tema delle dipendenze all’interno del carcere, favorendo un percorso rieducativo più efficace. A partire dall’anno prossimo, il piano includerà anche l’assunzione di mille nuovi agenti e dirigenti di Polizia Penitenziaria, un’iniziativa che punta a rafforzare il personale e a migliorare la gestione della vita sedentaria.
L’importanza di un approccio human-centric
L’incontro al carcere di San Vittore ha messo in luce come le problematiche attuali siano multifattoriali e richiedano un approccio integrato. I rappresentanti politici e legali stanno lavorando per fare fronte a una realtà complessa che coinvolge non solo la gestione penitenziaria, ma anche la salute e il benessere dei detenuti. La riforma del sistema carcerario è una questione di rilevanza sociale, che può determinare la valorizzazione dei diritti umani e la rieducazione dei detenuti.
Il tema del sovraffollamento e delle condizioni di vita nelle carceri italiane è di estrema attualità, coinvolgendo non solo il personale penitenziario e i detenuti, ma anche l’intera società civile, che deve interrogarsi su come contribuire a un sistema di giustizia più equo e umano.