Sospette negligenze sanitarie: muore Daniele D’Amato dopo ripetuti accessi in ospedale

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Sospette negligenze sanitarie: muore Daniele D'Amato dopo ripetuti accessi in ospedale - Fonte: Ansa | Gaeta.it

La tragica morte di Daniele D'Amato, 48 anni, avvenuta dopo una serie di dimissioni ospedaliere, ha suscitato preoccupazioni sulla qualità delle cure ricevute. Lo zio della campionessa olimpica Alice D'Amato, vincitrice dell'oro alla trave, è deceduto a causa di una dissezione aortica, e la procura di Genova ha avviato un'indagine per possibile colpa medica. La vicenda, che risale al 2021, ha portato a richieste di rinvio a giudizio nei confronti di due medici, coinvolti in un caso che ha acceso i riflettori su pratiche di gestione clinica e decisioni di dimissione.

Il contesto clinico della tragedia

I primi accessi in ospedale

Il 23 maggio 2021, Daniele D'Amato si presenta all'ospedale di Novi Ligure con forti dolori e pressione alta. In un contesto già complicato, il medico a gettone che lo visita non è in grado di accedere al sistema informatico per raccogliere la storia clinica del paziente. Nonostante le sue condizioni, D'Amato decide di firmare le dimissioni e lascia l'ospedale. Le dichiarazioni dei familiari, assistiti dall’avvocato Alberto La Camera, indicano che il paziente ha subito forti dolori, culminando in un ritorno in ospedale tramite elicottero solo poche ore più tardi.

Al secondo accesso, il pm Francesca Rombolà evidenzia come il medico avrebbe omesso una corretta raccolta anamnestica e un esaustivo esame obiettivo, nonostante le forti indicazioni a ulteriori accertamenti. La diagnosi impostata venne identificata erroneamente come lombalgia muscolo-scheletrica, senza che fosse concessa l'opportunità al paziente di ricevere adeguata osservazione clinica.

Un secondo accesso e la diagnosi errata

Poco prima delle 14 dello stesso giorno, il paziente viene dimesso nuovamente. Le accuse del pm sottolineano come il medico non ritenne opportuno trattenere D'Amato per ulteriori monitoraggi, procedendo invece con le dimissioni. Quattro ore dopo, D'Amato si dirige al pronto soccorso dell'ospedale San Martino, dove lamenta sintomi di lombosciatalgia acuta.

Qui, a lui viene prescritta una radiografia lombosacrale. Tuttavia, un secondo medico, intervenendo sulla situazione, conferma una diagnosi affrettata di lombalgia muscolo-scheletrica, omettendo ulteriori accertamenti e la ritenzione in ospedale per un monitoraggio adeguato. Anche in questo caso, il paziente viene dimesso, aggravando ulteriormente le circostanze.

Il drammatico epilogo della vicenda

Il terzo accesso e la diagnosi finale

Dopo tre giorni, il 28 maggio, Daniele D'Amato si presenta nuovamente in ospedale con sintomi sempre più gravi. Qui, gli vengono effettuati accertamenti più completi, e finalmente la diagnosi corretta è quella di una dissezione aortica. Benché vi sia la necessità di un intervento chirurgico d’urgenza, il ritardo accumulato nei precedenti accessi ha compromesso gravemente le condizioni di salute del paziente.

Purtroppo, il 1° giugno, D'Amato muore a causa delle complicazioni legate alla dissezione aortica. Il caso, ora oggetto di indagine da parte delle autorità competenti, ha messo in discussione le procedure sanitarie e l’adeguatezza delle cure fornite nei momenti critici. La procura ha richiesto il rinvio a giudizio per i due medici coinvolti, i quali sono difesi da un team di avvocati.

Il tragico epilogo della storia di Daniele D’Amato non rappresenta solo un caso individuale, ma suscita interrogativi cruciali sulla responsabilità e la qualità dell’assistenza sanitaria, ponendo l’accento su questioni più ampie che riguardano il sistema sanitario nel suo complesso.

Ultimo aggiornamento il 19 Settembre 2024 da Marco Mintillo

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