Strategia per il tumore del colon-retto: focus su screening e collaborazione territoriale

Strategia per il tumore del colon-retto: focus su screening e collaborazione territoriale

La lotta contro il tumore del colon-retto al Sud Italia richiede un approccio integrato, con focus su diagnosi precoce, screening accessibili e collaborazione tra medici per migliorare la prevenzione.
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Strategia per il tumore del colon-retto: focus su screening e collaborazione territoriale - Gaeta.it

La lotta contro il tumore del colon-retto richiede un approccio integrato e coordinato, in particolare al Sud Italia, dove i dati evidenziano un freno nella diagnosi e nella prevenzione. Il dottor Luigi Pasquale, direttore dell’Unità Operativa Complessa Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’AORN dei Colli a Napoli, ha delineato un piano mirato durante un incontro svoltosi all’ospedale Monaldi. Con numeri allarmanti e una crescente incidenza della patologia, è fondamentale sensibilizzare i pazienti, migliorare i programmi di screening e promuovere una rete efficace tra medici e specialisti.

Incremento della patologia e importanza della prevenzione

Nel mese dedicato alla prevenzione del tumore del colon-retto, i dati forniti dal dottor Pasquale sono emblematici: questa neoplasia rappresenta la seconda malattia oncologica più diffusa in Italia, con un aumento del 15% dal 2020 al 2023. Ogni anno si registrano oltre 50.000 nuove diagnosi e, nel 2024, si prevede un numero di decessi attorno ai 25.000. Il picco di insorgenza si colloca tra i 60 e i 75 anni, ma un aumento del 50% di casi tra i più giovani, con età compresa tra i 20 e i 40 anni, evidenzia la necessità di un intervento tempestivo. La diagnosi precoce è cruciale e dovrebbe essere realizzata attraverso programmi di screening accessibili, che in Campania risultano spesso sottoutilizzati.

Pasquale ha sottolineato che lo screening regionale dovrebbe includere test non invasivi come la ricerca di sangue occulto nelle feci. Se positivo, questo richiede una colonscopia, oggi considerata la principale procedura per la diagnosi anticipata di adenomi o tumori. L’evoluzione delle tecnologie endoscopiche e delle tecniche di resezione si sta dimostrando più sicura e meno invasiva, ma richiede un supporto multidisciplinare che coinvolga esperti in gastroenterologia, chirurgia, oncologia, radiologia e anatomia patologica.

Gap nella partecipazione allo screening

Un tema centrale affrontato dal dottor Pasquale è stata la bassa adesione agli screening, soprattutto in Campania. I numeri parlano chiaro: la partecipazione al programma di screening è solo del 19,7% rispetto al 46,1% nelle altre regioni italiane. Questo scenario critico evidenzia che la comunicazione e l’informazione sulla prevenzione devono essere assolutamente migliorate. È fondamentale coinvolgere non solo i pazienti ma anche i medici di medicina generale e le ASL nella diffusione dell’importanza degli screening, con un sistema che offra percorsi chiari e tempestivi.

In questo contesto, la figura del medico di medicina generale diventa essenziale, non solo per relativizzare l’importanza della prevenzione, ma per costruire una rete territoriale che risponda in modo efficiente alle esigenze dei pazienti. La creazione di un Gruppo Oncologico Multidisciplinare potrebbe risultare strategica per offrire strategie terapeutiche integrate e tempestive.

Il ruolo delle istituzioni e proposte innovative

Durante l’incontro, aperto da Anna Iervolino, direttrice generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, sono emersi diversi interventi significativi. Il presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, Bruno Zuccarelli, ha posto l’accento sull’importanza di dedicare risorse economiche solidali ai programmi di screening.

La dottoressa Elena Pennarola, rappresentante della Regione Campania, ha illustrato gli sforzi per intensificare le attività di screening con nuove misure indicate dal provvedimento 720 del dicembre scorso. Il focus del dibattito si è spostato anche sulle innovazioni tecnologiche in ambito diagnostico. La gastroenterologa Maria Antonia Bianco ha suggerito l’introduzione di un test genetico, simile a una biopsia liquida, che potrebbe semplificare la diagnosi studiando il DNA circolante, riducendo costi e risorse impiegate.

La partecipazione attiva di esperti e delle istituzioni nella promozione di iniziative efficaci e nella gestione della salute pubblica è indispensabile. La continuità nel supporto della sanità territoriale e la stretta collaborazione tra vari settori della medicina possono realmente migliorare gli esiti per i pazienti colpiti da questa patologia. L’adozione di una strategia mirata e coordinata, così come l’impegno costante a sensibilizzare la popolazione, sono passi fondamentali per affrontare adeguatamente questa sfida sanitaria cruciale in Italia.

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