L’area compresa tra la caldera dei Campi Flegrei e il Vesuvio, vicino a Napoli, è una delle zone più rischiose del pianeta a causa della presenza di due vulcani attivi. I dati raccolti grazie a missioni spaziali come ERS ed Envisat dell’Agenzia Spaziale Europea stanno fornendo informazioni cruciali per comprendere le interazioni tra queste due formazioni vulcaniche. La ricerca in questo ambito è fondamentale per prevedere possibili eruzioni e migliorare la sicurezza dei residenti.
Eruzioni nei Campi Flegrei: storia e attualità
Negli ultimi 15.000 anni, la zona dei Campi Flegrei ha vissuto numerose eruzioni, alcune delle quali hanno avuto impatti significativi sul territorio e sulle popolazioni circostanti. Fin dalla sua ultima eruzione avvenuta nel 1538, durante la quale si è formato il Monte Nuovo, l’area ha registrato un periodo di relativa quiete, ma non senza segni di inquietudine vulcanica. Dal 1950, diverse manifestazioni di attività sismica hanno scosso la regione, con quattro episodi principali di attività tra cui quelli del 1950-52, 1969-72, 1982-84 e l’ultima fase, che va dal 2005 fino ai giorni nostri.
Sebbene la situazione sia sotto monitoraggio continuo, il livello di allerta attuale è “giallo”, indicativo di una possibile instabilità. Gli scienziati continuano a studiare profondamente queste eruzioni passate e presenti non solo per mappare i rischi, ma anche per determinare eventuali collegamenti con altri vulcani, come il Vesuvio, situato a soli 25 km di distanza.
L’evoluzione storica del Vesuvio: dati e analisi
Il Vesuvio, noto per la sua eruzione devastante del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano, ha una sua storia distintiva di attività vulcanica. Dopo l’eruzione del 472 d.C., il vulcano ha avuto un lungo periodo di calma fino al 1631, quando un’altra eruzione segnò l’inizio di un’attività che sarebbe durata fino al 1944. Da quel momento, il Vesuvio è considerato in stato di quiescenza, con un livello di allerta “verde”.
La differenza tra le storie eruttive del Vesuvio e dei Campi Flegrei ha spinto i ricercatori a considerare la natura unica delle loro eruzioni. Le analisi geologiche e geofisiche suggeriscono che, nonostante la vicinanza fisica, i tipi di materiali emessi e le caratteristiche di ciascuna eruzione sono notevolmente diversi. Di particolare interesse è la possibilità dell’esistenza di un sistema di magma comune a profondità di 8-10 km sotto la superficie, un’area che potrebbe essere fonte di future eruzioni sia per il Vesuvio che per i Campi Flegrei.
La ricerca scientifica: dati fondamentali per la comprensione vulcanica
Il programma Heritage Mission sottolinea come dati provenienti da vecchie missioni spaziali come ERS-1, ERS-2 e Envisat continuino a svolgere un ruolo fondamentale nella ricerca vulcanica contemporanea. Questi satelliti hanno fornito immagini radar ad alta risoluzione che permettono la creazione di serie temporali sugli spostamenti del suolo – essenziali per capire la dinamica della superficie terrestre nell’area napoletana.
Tra il 1993 e il 2010, un gruppo di studiosi delle Università di Salerno e Cambridge ha utilizzato questi dati per analizzare il comportamento del suolo nei Campi Flegrei e nel Vesuvio. Hanno applicato tecniche avanzate di analisi statistica per separare diverse componenti dei movimenti del suolo, svelando dettagliatamente il passaggio dalla fase di abbassamento a quella di sollevamento dei Campi Flegrei, un cambiamento cruciale nella dinamica vulcanica della regione.
Possibili interazioni tra i due vulcani: un fascicolo aperto
I risultati dell’analisi indicano che durante il periodo di studio, il sollevamento dei Campi Flegrei si è verificato in concomitanza con la contrazione di un volume profondo sotto il Vesuvio. Questo ha portato a ipotizzare che ci possa essere un’interazione tra i due vulcani, suggerendo un trasferimento di magma e/o fluidi magmatici a profondità da 8 a 9 km. Questo legame potenziale solleva interrogativi sull’evoluzione futura di entrambe le formazioni e sul loro impatto su Napoli e le aree circostanti.
La comunità scientifica continua a indagare su queste interazioni. La speranza è che tale ricerca contribuisca a migliorare i modelli predittivi e garantire una maggiore sicurezza alla popolazione residente in un’area così vulnerabile. Come dimostrano gli studi in corso, la comprensione delle dinamiche vulcaniche è un compito complesso ma fondamentale per proteggere le vite umane e la ricca storia culturale di una delle regioni più belle e affascinanti d’Italia.